15/07/2020 di Luca Marcolivio

La denuncia di Bianchi, consigliere a Bergamo. La lobby Lgbt fa pressing anche sulla Questura

Bergamo continua ad essere la cartina di tornasole di un dibattito sempre più acceso su vita e famiglia. L’amministrazione comunale sta tenendo ancora premuto l’acceleratore sulle istanze abortiste e “arcobaleno”, sollecitata da un associazionismo lgbt-femminista particolarmente determinato e influente su tutto il territorio cittadino. I gruppi pro life e pro family, comunque, non demordono:lo si è riscontrato nel buon livello di partecipazione alla manifestazione #Restiamoliberi di sabato scorso. Lo scenario bergamasco è stato illustrato a Pro Vita & Famiglia, da Filippo Bianchi, consigliere comunale della Lega, che ha anche presentato una mozione che sfida il sindaco Giorgio Gori e la sua giunta sul Ddl Zan-Scalfarotto.

 

Consigliere Bianchi, in cosa consiste la mozione che avete presentato e discusso lunedì al Consiglio Comunale di Bergamo?

«Si tratta di una mozione per impegnare il sindaco e la Giunta ad attivarsi affinché vengano respinte le proposte di legge penale di contrasto alla cosiddetta omotransfobia o relative all’orientamento sessuale e all’identità sessuale o di genere. L’abbiamo presentata, prendendo atto che le persone che si definiscono non eterosessuali sono giustamente già tutelate dalla legge. Considerato anche che non c’è alcuna emergenza omotransfobia in Italia, affermiamo che proposte come il progetto di legge Boldrini-Zan-Scalfarotto sono lesive sia del principio di uguaglianza, che della libertà d’opinione. Per contro, il consigliere di maggioranza Romina Russo (PD), lo scorso 4 luglio, ha presentato una mozione per “predisporre una vasta campagna comunicativa e socio culturale per contrastare i fenomeni del sessismo, dell’omofobia e della transfobia con iniziative nelle scuole, nella pubblica amministrazione e sui posti di lavoro”».

La mozione purtroppo è stata respinta. Solo quattro consiglieri d’opposizione hanno votato favorevolmente, di chi si tratta?

«Oltre al sottoscritto, hanno votato a favore il nostro capogruppo Enrico Facoetti (Lega), il vicepresidente del Consiglio Comunale, Luisa Pecce (Lega), e il consigliere Andrea Tremaglia (FdI)»

Ci risulta che a livello nazionale sia la Lega che Fratelli d’Italia siano chiaramente schierati contro questo progetto di legge, è così?

«Sì, per quanto riguarda la Lega il segretario federale Matteo Salvini ha pubblicamente dichiarato che questo progetto di legge è pericoloso; inoltre il vicesegretario federale Lorenzo Fontana ha dichiarato che la nuova legge vuole imbrigliare la libertà di pensiero e che chi difende la famiglia tradizionale rischia di passare per omofobo. Pertanto la posizione del nostro partito è esplicita e molto chiara. Vista l’incombente minaccia e i tempi che corrono, Matteo Salvini ha anche sentito la responsabilità di ribadire che mamma e papà non si toccano e che un bimbo per venire al mondo (o per essere adottato) ha bisogno di una mamma e di un papà, oltre al fatto che vuole poter difendere questo diritto senza essere processato o arrestato. Ci attende una dura battaglia sui principi non negoziabili: vita, famiglia, educazione e, da oggi, anche la libertà di pensiero ed espressione. È ormai chiaro che lo scenario politico vedrà una separazione sempre più netta tra coloro che vogliono scardinare l’ordine naturale nella società e coloro che vogliono preservarlo e ripristinarlo».

Sabato scorso, anche Bergamo ha ospitato una manifestazione di #Restiamoliberi in opposizione al progetto di legge Boldrini-Zan-Scalfarotto. Qual è stato il bilancio?

«Il bilancio è positivo, vi hanno preso parte circa 200 persone. La manifestazione è stata preceduta da una conferenza stampa in Comune, alla presenza di associazioni pro life e pro family e di rappresentanti politici come il sindaco di Palazzago, Michele Jacobelli. Tra gli altri hanno partecipato Elena Pisani, coordinatrice di Pro Vita & Famiglia a Bergamo, e Sara Fumagalli, presidente di Umanitaria Padana Onlus. L’obiettivo era quello di mettere in guardia sui pericoli contenuti nel progetto di legge Boldrini-Zan-Scalfarotto. Fuori dal Comune, però, ci sono state contestazioni…».

Hanno contestato anche la manifestazione?

«Sì, hanno fatto un flash mob con una quarantina di persone. Il giornale Prima Bergamo ha dato risalto alla loro contromanifestazione, censurando #Restiamoliberi. Il Corriere della Sera, invece, ha messo a confronto le due manifestazioni ma ha titolato pressappoco così: “Omotransfobia, tra sentinelle in piedi, leghisti e coloro che difendono i diritti”. Nel primo caso, c’è stato l’appoggio esplicito all’attività lgbt, nell’altro hanno citato entrambi gli eventi ma si capiva bene da che parte stavano. Non sono mancati neppure articoli online secondari, esplicitamente schierati con la lobby arcobaleno».

Chi ha le idee chiare su questi temi è proprio il Comune di Bergamo…

«Assolutamente sì, a questo proposito, vorrei citare un episodio recente molto emblematico. Circa una settimana fa, il Comune ha ospitato un “confronto pubblico” (sic) tra Alessandro Zan e Laura Boldrini proprio sul progetto di legge-bavaglio, alla cui stesura loro stessi hanno contribuito. Non è tutto: questo “confronto” è stato diffuso sul canale YouTube istituzionale del Comune! Devo dire, comunque, che, ultimamente, anche la Questura sta cedendo alle pressioni e all’intimidazione di gruppi femministi-lgbt come Non Una di Meno che, guarda caso, è appoggiato dall’amministrazione comunale e ha intensificato la propria azione contestatoria proprio in questo periodo di scontro politico parlamentare sul progetto di legge-bavaglio».

Cosa hanno fatto le femministe in questo caso?

«Le femministe abortiste hanno montato una contestazione ai presidi fissi autorizzati dinanzi all’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo. Il loro modo di agire non è quello del confronto nel merito e sui contenuti ma dell’aggressione verbale, della menzogna, dell’intimidazione e dello scontro. Infatti hanno intimato agli attivisti pro-life di andarsene e tentato di impedire la distribuzione di volantini, inveendo e gridando menzogne allo scopo di provocare reazioni. Dopodiché il questore Maurizio Auriemma ha impedito de facto la libertà di manifestazione dei pro-life, promossa da Ora et Labora in Difesa della Vita, che, da anni, si tiene regolarmente davanti al “Papa Giovanni XXIII”, con distribuzione di materiale informativo. I pro-life sarebbero stati collocati in un luogo più appartato, dove non passa nessuno, pertanto, in attesa dell’azione legale, si sono astenuti dal manifestare, poiché il provvedimento vanifica la stessa manifestazione. Tale presa di posizione è molto grave, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria in cui neppure il Centro Aiuto alla Vita può operare all’interno di tale ospedale. Pertanto le misure per eliminare le cause dell’aborto, previste anche dall’iniqua legge 194/78, sono totalmente disattese e ci troviamo in una palese situazione di controllo delle nascite. Tra l’altro, a livello nazionale, siamo al minimo storico di nascite dall’unità d’Italia, ovvero al -4,5%, secondo i dati Istat: questo andamento è gravissimo e, se non si inverte la rotta, determinerà indiscutibilmente anche la fine della nostra civiltà. Anche a livello parlamentare vi è un interessamento alla vicenda. Sabato 18 luglio si bisserà, con una nuova manifestazione per la libertà di espressione e per la vita dal concepimento alla morte naturale, con appuntamento alle 17.30, sul Sentierone, nel centro di Bergamo».

Sono già capitati simili episodi di boicottaggio da parte dei collettivi femministi a Bergamo?

«Certo, l’anno scorso Non Una di Meno riuscì a far annullare il convegno Nascere a Bergamo, già programmato nei locali del Comune. Il Consiglio delle donne, di cui fanno parte anche esponenti di maggioranza dell’amministrazione comunale, ha posto il veto perché non gradivano si potesse parlare di alternative all’aborto. Le femministe di Non Una di Meno si scatenarono con picchetti davanti al Comune e, alla fine, l’amministrazione comunale le ha accontentate. Non Una di Meno, oltretutto, gestisce un consultorio familiare, assieme ad Oikos, un’altra realtà che riceve finanziamenti dal Comune di Bergamo: trovo assurdo che un consultorio che, per definizione, dovrebbe incoraggiare le donne a realizzare la loro maternità, sia gestito da soggetti tanto ideologizzati e ultra abortisti».

Le femministe sembrano molto determinate nell’appoggiare i movimenti lgbt. Le sembra, tuttavia, che il ddl Zan-Scalfarotto vada davvero incontro ai diritti delle donne?

«Certo che no. Trovo significativo, infatti, che alcuni gruppi femministi abbiano preso le distanze da tale progetto di legge. A Bergamo, però, femministe e gruppi lgbt si dimostrano assolutamente compatti».

 

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