Massimo Micaletti, qualche giorno fa su Radio Spada ha pubblicato un pezzo che fa riflettere.
Molti si preoccupano della depenalizzazione di reati “minori”, come l’occupazione abusiva di un immobile o il maltrattamento di animali.
Nessuno si preoccupa della depenalizzazione dell’aborto che da quasi 40 anni fa milioni di morti a spese dei contribuenti.
Leggo su FB (e sento in giro) amici e colleghi giustamente indignati per l’ipotesi, al vaglio del Legislatore, di depenalizzare i cosiddetti “reati minori”, riducendoli ad illeciti amministrativi. Se tale provvedimento dovesse essere approvato, potrebbero accadere parecchie brutte cose. Ad esempio, si potrebbe torturare e massacrare un cane mantenendo la fedina penale pulita. Oppure, si potrebbe occupare la casa di altri rischiando giusto una sanzione amministrativa. E via così.
Ora, la preoccupazione è assolutamente comprensibile: sono proprio i reati minori che accrescono la sensazione di insicurezza nei cittadini, perché statisticamente molto più frequenti, ad esempio, degli omicidi.
Però, fermiamoci un secondo.
Nel 1978 la Democrazia cristiana, su pressione del Partito Comunista, nella grancassa radicale, e con l’assenso di PSI e PRI, ossia con i mentori di coloro che oggi ci governano, ha approvato la depenalizzazione dell’aborto. Parliamo della soppressione dell’essere umano non nato! Anzi, è stato fatto ben di peggio: l’aborto non è stato solo depenalizzato, non è stato solo legalizzato: l’aborto è sovvenzionato ed attuato dallo Stato, che lo pratica nelle strutture dove medici sono pagati per garantirlo.
Perciò, quando pensiamo a casa nostra – magari al casa al mare o in campagna, dove non andiamo per lunghi periodi pur pagandoci sopra le relative onerose tasse e sostenendone le manutenzioni – occupata a tempo indeterminato da sconosciuti, se facciamo il paragone con la Legge 194 dobbiamo immaginare non che lo Stato lo consenta, ma addirittura che esso paghi persone affinché la nostra porta venga scassinata e gli occupanti possano entrarci in casa in tutta sicurezza. Così pure, tornando all’esempio del cane torturato, immaginiamo se lo Stato non solo permettesse il maltrattamento, ma pagasse persone affinché il cane fosse torturato e soppresso, magari perché chi vuol farlo personalmente rischia di prendersi un morso.
Chi accetterebbe leggi così?
“Ma nel caso dell’aborto, si trattava di regolare un fenomeno storicamente sempre esistito”, qualcuno può obiettare: ma anche l’occupazione abusiva di casa altrui è sempre esistita, come pure la tortura di animali, ma questo non significa che non debbano essere perseguite penalmente.
“Ma l’aborto clandestino è pericoloso per la donna!”; anche occupare abusivamente una casa può comportare rischi per chi lo fa, come pure far male ad un animale. Non per questo accetteremmo che dipendenti pubblici consentissero ad altri di entrarci in casa.
“Ma somministrando l’aborto, lo Stato aiuta le donne in difficoltà!”: il che equivale a dire che depenalizzando l’occupazione delle casa, lo Stato viene incontro ai bisogni abitativi dei meno abbienti, quando è invece evidente che lo Stato e la comunità devono farsi carico di queste situazioni e non scaricarle sul singolo.
Perché queste stesse obiezioni, sollevate a proposito di chi si prende casa nostra, ci paiono insostenibili mentre hanno fondato e fondano la distruzione della vita milioni di esseri umani?
Perché è avvenuta quella che i sociologi criminali chiamano “perdita del disvalore”, o che i prelati di ogni ordine e grado chiamano “perdita del senso del peccato”. L’aborto è la prova magistrale di come si possano confondere le coscienze a base di disinformazione, campagne propagandistiche, casi estremi ed emotività: ciò è avvenuto e può avvenire perché riteniamo sia un fenomeno che non ci tange o non ci tangerà direttamente; quando invece pensiamo all’abusivo dentro casa nostra, quando veniamo toccati nella concreta spicciola quotidianità, ci inalberiamo e pretendiamo – giustamente – che i nostri diritti vengano tutelati.
Ma la dimensione esistenziale non è la sola differenza tra come si percepiscono i “reati minori” e come si vede la questione aborto legale; l’altro grande discrimen, che concorre al silenzio delle coscienze, è che il concepito non ha voce. Mentre uno che si vede la casa invasa protesta, mentre un cane torturato guaisce, ebbene un feto umano non ha nessuno che lo ascolti o lo veda mentre viene fatto a pezzi e gettato tra i rifiuti ospedalieri. Ed anche quando ben lo si può vedere e sentire vagire, ossia nel caso dell’aborto oltre il terzo mese, che sono veri e propri parti indotti nei quali il feto, se non viene distrutto dalla procedura, viene lasciato a morire sul tavolo, ebbene anche in questi casi esistono persone che si sfilano i guanti insanguinati e guardano altrove. Tanto, è tutto legale. E’ lo Stato, bellezza.
Se potessimo sentire, però, anche solo per un secondo, il grido di tutti gli esseri umani distrutti ogni giorno da medici pagati dallo Stato coi nostri soldi, non chiuderemmo occhio la notte per l’angoscia.
Massimo Micaletti
P.S. della Redazione: Intanto, sempre per un cane, un pastore tedesco di nome Bela, si sta sollevando una campagna anti – eutanasia. Vedremo gli stessi strenui sostenitori del “diritto alla vita” di Bela ergersi in difesa del diritto alla vita dei vecchi e dei bambini quando toccherà discutere di suicidio assistito ed eutanasia?