27/11/2021

La fecondazione artificiale non è una priorità per la regione Umbria

Pubblichiamo volentieri il Comunicato Stampa dell'AIGOC, Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici, a firma dei dottori Alberto Virgolino e Angelo Francesco Filardo, presidente e vice presidente dell'associazione
 
 
Mentre leggevamo l’articolo – o per meglio dire lo spot pubblicitario! – “Procreazione assistita nella sanità pubblica umbra: un’eccellenza al tramonto”, mi chiedevo dove avessero trovato i numeri riportati “È la parabola della procreazione medicalmente (Pma) assistita in Umbria, passata dall’attrarre 18 mila coppie l’anno da ogni angolo di Italia a trovarsi …”, che già avevamo potuto leggere in un analogo articolo del 15 maggio 2015 “Umbria e non solo  Il servizio conta numeri da capogiro: solo nel 2013 sono stati trattati circa 16 mila pazienti con una media di circa 400 inseminazioni artificiali…”, per cui siamo andati a rileggere tutte le relazioni ministeriali al Parlamento sulla legge 40/2004 fino ad oggi pubblicate per trovare questi numeri veramente eccezionali per una Regione come la nostra.
 
Numeri da capogiro non ne abbiamo trovati! L’unico dato concordante del 2013, anno in cui non sono stati trattati circa 16.000 pazienti, ma in totale 514 coppie per 714 cicli, di cui 314 cicli con inseminazioni artificiali (tecniche di I livello) e 400 cicli con tecniche di II e III livello (a fresco e con scongelamento di embrioni e di ovociti), che hanno portato a 83 parti con la nascita di 102 bambini (16,15 coppie con figlio/i in braccio/100 coppie trattate; ovvero 11,62 coppie con figlio/i in braccio/100 cicli di trattamento effettuati) .
 
Le due pagine sopra riportate, la prima contenuta a pagina 21 della Relazione Ministeriale al Parlamento sulla legge 40/2004 relativa all’anno 2012, la seconda a pagina 209 dell’ultima Relazione presentata dal ministro della salute al Parlamento relativa all’anno 2018, dimostrano chiaramente quanto è avvenuto realmente in Umbria in questi anni e come l’efficacia espressa in numero di coppie con figlio/i in braccio/100 coppie trattate o più correttamente – con l’introduzione dello scongelamento degli embrioni e degli ovociti e/o con la donazione di ovociti e/o embrioni, che permettono nello stesso anno di poter fare più cicli di trattamento – in numero di coppie con figlio/i in braccio /100 cicli di trattamento ci mostrano chiaramente che i risultati ottenuti nei due centri umbri sono inferiori a quelli della media nazionale. Nel 2012 in Italia i risultati ottenuti con tutte le tecniche di PMA sono rispettivamente: 10.101 parti / 72.543 coppie trattate, cioè solo il 13,92% delle coppie trattate ha avuto uno o più figli in braccio e solo il 10,79% dei 93.634 cicli di trattamento si è concluso con il parto; in Umbria ci sono stati 75 parti / 576 coppie trattate, cioè il 13,02% delle coppie trattate ha avuto uno o più figli in braccio e soltanto l’8,40% degli 893 cicli di trattamento si è concluso con il parto. Nel 2018 in Italia sono stati registrati 12.797 parti, cioè 16,51 parti / 100 coppie trattate e 13,12 parti /100 cicli di trattamento (97.500), mentre in Umbria ci sono stati 84 parti su 612 coppie trattate, cioè 13,72 parti / 100 coppie trattate e 9,61 parti /100 cicli di trattamento (874).
 
La minore efficacia della PMA registrata nel 2018 in Umbria (13,72 coppie con figlio/i in braccio/100 coppie trattate) rispetto alla media nazionale (16,51 coppie con figlio/i in braccio/100 coppie trattate) diventa più significativa ed evidente se teniamo conto che le donne trattate nel centro pubblico umbro (79,5%) avevano un’età ≤ 42 anni, infatti dopo i 41 anni si verifica un crollo notevole del numero delle coppie con figlio/i in braccio/100 coppie trattate (inferiore al 7% nelle coppie trattate a fresco e tra il 12,5% ed il 6,34%/100 cicli di trattamento nelle coppie trattate con scongelamento di embrioni e/o ovociti a livello nazionale), a dimostrazione che l’età di 42 anni rappresenta un limite oltre il quale sono notevolissime le difficoltà incontrate per concepire e per congelare gli ovociti.
 
Anche nel 2018 i due centri Umbri continuano a produrre molti più embrioni di quelli che trasferiscono nell’utero delle loro pazienti: nel 2015 in 107 (39,6%) dei 270 prelievi effettuati hanno prodotto 611 embrioni trasferibili e ne hanno crioconservati 252 (41,24% degli embrioni prodotti e trasferibili); nel 2018 i prelievi effettuati sono stati 374, in 151 (40,4% dei prelievi effettuati) di questi 374 cicli è stato fatto un congelamento di circa 529 embrioni , cioè il 56,34% dei 939 embrioni prodotti (cfr. tab.3.4.27 pag.128).
 
Una domanda sorge spontanea: che fine faranno questi embrioni crioconservati che ogni anno crescono di numero, visto che nel 2018 meno di 140 embrioni crioconservati negli anni precedenti sono stati trasferiti in utero?
 
Alla luce di questi dati e del numero di donne in età fertile (15-49 anni),168.703, della nostra Umbria al 1 gennaio 202, ci sembra che la richiesta di innalzare il limite di età sopra i 41 anni e di potenziare il servizio per implementare nel centro pubblico la PMA eterologa siano delle richieste più atte a soddisfare i progetti ideologici di chi ha proposto la mozione e dei desiderata di chi li propone che una vera risposta ai bisogni della popolazione umbra, che non giustifica in tempi come i nostri di utilizzare il poco denaro pubblico per avere risposte più modeste di quelle che alla stessa popolazione possono offrire altri centri delle regioni limitrofe pagando il ticket.
 
Ci sono, purtroppo, molti settori della Sanità pubblica che in Umbria richiedono un non procrastinabile impegno del denaro pubblico per garantire l’assistenza necessaria a tutte le fasce di popolazione senza essere costretti a ricorrere ai privati a pagamento per poter fare esami radiologici ed altre indagini diagnostiche oncologiche e per altre patologie senza dover attendere dei mesi per poterli fare; oppure vedere i propri congiunti lasciati a letto con la padella o col pannolone pieno in particolare quando sono allettati e non autosufficienti perché il personale infermieristico ed ausiliario è da tempo insufficiente anche in periodi in cui nessuno è in ferie o in malattia.
 
Questo articolo era stato inviato a LA VOCE – Settimanale d’informazione dell’Umbria, in data 18 novembre, ma non è stato pubblicato.
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