Sul Corriere della Sera di lunedì 27 marzo Giorgio Celsi – presidente di Ora et Labora in Difesa della Vita – ha letto con rammarico come venga banalizzato il male e quante falsità vengano propagandate sulla pillola abortiva EllaOne, detta anche “dei 5 giorni dopo”.
Tali menzogne, però possono essere facilmente confutate. Lasciamo a lui la parola.
Viene asserito che il meccanismo di azione della suddetta pillola consiste nel ritardare o inibire l’ovulazione e che quindi non è una pillola abortiva, ma un contraccettivo d’emergenza. Peccato che il Corriere non citi alcuno studio scientifico che lo confermi: questo forse perché non c’è proprio nessuno studio che possa avallare questa tesi menzognera. Ci sono invece studi medico-scientifici come quello di Pamela Stratton, ginecologa e ricercatrice al George Washington University Medical Center, pubblicato sulla rivista Fertility and Sterility nell’aprile del 2010 che ha evidenziato come la pillola dei cinque giorni dopo induca una significativa riduzione dello spessore endometriale, un incremento dei recettori ghiandolari per il progesterone ed una tendenziale maggiore incidenza di ritardo maturativo dell’endometrio, tutte alterazioni che ostacolano l’impianto dell’embrione, per cui parlare solo di “contraccezione” risulta eticamente, oltreché scientificamente e deontologicamente, scorretto.
Comunque sia, mi chiedo se questo giornale pensa che i suoi lettori siano tutti tanto idioti da non capire che prendendo la pillola abortiva EllaOne dopo 5 giorni da un rapporto sessuale questa pillola può avere un effetto abortivo visto che il concepimento può avvenire dopo poche ore da esso.
Già il 4 febbraio 2014, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) pubblicava il nuovo bugiardino di un’altra pillola abortiva, la cosiddetta pillola del giorno dopo, il Norlevo, cedendo alle pressioni delle lobby dell’aborto. Decisione gravissima, perché nella nuova versione l’AIFA decideva di nascondere la realtà: cancellava la frase “il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto” – definizione che ne esplicitava in modo chiaro l’effetto abortivo – sostituendola con l’impropria definizione “il farmaco inibisce o ritarda l’ovulazione”.
Con tristezza ho letto come anche la dottoressa Kustermann della Clinica Mangiagalli che ha migliaia di aborti sulla coscienza, avalli la falsa teoria che la pillola dei cinque giorni dopo non è un farmaco abortivo, ma un contraccettivo d’emergenza e francamente non capisco se questo lo faccia solo per meri fini ideologici o per altri fini.
Fa notare il Corriere come dietro a questi farmaci – che sono veri e propri pesticidi umani in quanto non curano nessuna malattia ma sopprimono la vita concepita – ci sia un giro di affari enorme. Infatti se si calcola ad esempio che solo in Italia sono state vendute, nel 2016, 200.507 pillole dei cinque giorni dopo e che ogni pillola è stata pagata 26,90 euro, si può vedere come per la casa farmaceutica produttrice ci sia stato un guadagno di ben 5.393.638 euro e questo solo in un anno e solo per un tipo di pillola.
Allora ci chiediamo: chi ha tratto guadagno dal togliere l’obbligo di ricetta medica per l’acquisto in farmacia di questi pesticidi umani che hanno tra l’altro molti effetti collaterali pericolosi per la salute delle donne? Questa sciagurata decisione ha fatto sì che le vendite delle pillole abortive siano aumentate enormemente.
Perché questo accanimento contro la Vita concepita?
Un altro dato fuorviante è lo sbandierare la diminuzione degli aborti in Italia. Essa infatti è andata in parallelo con l’aumento delle vendite delle pillole abortive: una ogni 2 minuti, 365 mila ogni anno: considerando un tasso di concepimento del 20%, come spiega l’AIGOC, e sommando agli aborti chirurgici quelli chimici effettuati con la pillola RU 486 e i micro aborti causati dalle spirali, i numeri si alzano a dismisura. Se poi calcolassimo l’incalcolabile numero di embrioni distrutti, scartati e congelati ai fini della fecondazione artificiale arriveremmo a cifre milionarie...
Bonhoeffer dice: «Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini». Questa frase dovrebbe scuotere le nostre coscienze intorpidite.
I bambini – anche nel seno materno – non si toccano: spetta a tutti noi difenderli, quindi finiamola di trovare sempre nuovi e più sofisticati mezzi per sopprimere chi è chiamato dopo di noi a venire alla luce e ricominciamo a parlare di vita, quella vita che – ricordo al Corriere della Sera – inizia dal concepimento e che nessuno ha il diritto di sopprimere.
Giorgio Celsi
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