13/02/2023 di Gloria Callarelli

La propaganda gender e LGBT della Rai. Montevecchi: «Italiani stanchi, la politica ha delle responsabilità»

La Rai insiste con la propaganda LGBT. Ne abbiamo avuto uno spaccato in questi giorni, con un Sanremo (per fortuna è finito sabato scorso) anche quest’anno totalmente ideologizzato. La sensazione è che una tale ferocia comunicativa e una tale ingerenza in ogni contesto quotidiano alla lunga snervi e logori chi fruisce del servizio pubblico e più in generale dei vari strumenti comunicativi e di svago. Abbiamo chiesto a Matteo Montevecchi, consigliere regionale in Emilia Romagna e da anni attivo nelle battaglie pro family, una sua analisi rispetto alla tematica gender e pro LGBT che si respira ovunque oggi in Italia.

Si è da poco concluso Sanremo, già ampiamente trasformato in evento-propaganda, cosa ne pensa di questa offensiva pro LGBT nei programmi televisivi, in particolare in quelli targati RAI?

«Penso che sia scandaloso che la Rai usi il canone per fare propaganda gender e LGBT. Andrebbe ricordato a chiare lettere che quelli sono soldi degli italiani, come ha fatto Pro Vita e Famiglia attraverso la sua campagna/petizione rivolta al governo che condivido in toto e invito a sottoscrivere. Questo non è un servizio pubblico, ma un bombardamento mediatico martellante che colpisce e influenza soprattutto i più piccoli. Tra programmi, fiction e Sanremo non se ne può più. Credo che gli italiani siano veramente stanchi di finanziare questa furia ideologica».

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Perché questa scelta da parte di tv, streaming di pubblicizzare sempre di più la presenza di personaggi “arcobaleno”? A quale scopo? I ragazzi sono in pericolo?

«L’unico scopo è l’indottrinamento, che viene condotto senza sosta dietro la scusa del “contrasto alle discriminazioni” e della “politica dell’inclusione”. Qualcuno pecca di ingenuità e purtroppo casca nella loro narrativa, ma in realtà è palese come l’attacco alla famiglia e all’uomo sia totale. L’obiettivo è ridisegnare la famiglia sotto una chiave ideologica e relativista. I totalitarismi nascono sempre quando si cerca di sostituire l’ideologia (di massa) alla realtà. Papa Benedetto XVI non a caso ci mise in guardia più volte dalla ormai imperante “dittatura del relativismo”. Il problema riguarda chiunque. A maggior ragione i bambini e i ragazzi che fanno parte di una fascia di età più tenera e facilmente influenzabile. Per questo, spesso i contenuti si rivolgono proprio al loro target. I genitori sono avvisati: oggi più che mai vi è la necessità di prestare la massima attenzione verso i contenuti che vengono veicolati nelle sale cinematrografiche, su internet e in tv. L’onda arcobaleno è arrivata perfino a Buzz Lightyear qualche mese fa».

 Cosa si può fare per arginare questa offensiva ideologica? La famiglia può giocare un ruolo importante nel salvaguardare certi valori? 

«La famiglia e la comunità rappresentano l’argine alle derive ideologiche. Del resto è sempre stato così nella storia, essendo la famiglia il luogo primario dell’educazione dei propri figli. Credo che ne l’”Opzione Benedetto”, Rod Dreher sia stato profetico. È giunto il momento di dedicare forze, energie ed impegno alla costruzione di quella che in Cecoslovacchia chiamavano “polis parallela”. È quindi importante che il mondo politico a noi affine capisca quanto sia, da un lato, essenziale sostenere e difendere la legittimità degli spazi di libertà, a partire dalle scuole parentali e paritarie per tutelare la libertà educativa dei genitori, dall’altro lato, quanto sia altrettanto fondamentale impegnarsi ad avversare le leggi e le proposte di legge ingiuste e a proporre una idea di società che poggia sulle nostre radici cristiane».

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 Lei pur giovanissimo è da tempo impegnato in politica. La politica ha una sua colpa nella diffusione o nell’incapacità di arginare queste ideologie?

«La politica da un lato rappresenta il braccio esecutivo di questa ideologia. Penso in primis al Partito Democratico e ai finti centristi del cosiddetto Terzo Polo. È evidente come da parte loro il sostegno a questa agenda sia un dogma, il denominatore comune di queste forze politiche che come priorità assoluta hanno l’approvazione di DDL liberticidi come lo Zan o lo Scalfarotto, lo smantellamento dell’Art 29 della Costituzione attraverso il “matrimonio egualitario”, le Carriere Alias nelle scuole, l’istituzionalizzazione dell’ideologia gender attraverso la sostituzione del sesso biologico con l’identità di genere (percepita), le adozioni per le coppie dello stesso sesso e quant’altro.  In ogni modo anche una parte del centrodestra risente di questa cappa mediatica e ne rimane influenzata. Se non c’è identità, se manca la consapevolezza, la formazione, il coraggio e viene a meno soprattutto il motivo che muove il nostro impegno in politica, l’esito è l’abbandonarsi solo alla mera ricerca del consenso. Si diventa sostanzialmente fluidi. Lo dimostrano le dichiarazioni e le azioni di certi presidenti di regione di centrodestra, tra chi ha concesso finanziamenti e patrocinio al Gay Pride e chi contesta che il centrodestra non possa rimanere fermo alle idee proclamate anni fa e che dovrebbe cambiare radicalmente ed “evolversi” su diritti Lgbt e fine vita. Non c’è bisogno di fare nomi. Ecco, questo centrodestra profetizzato da questi politici non ci serve e finirebbe per divenire solo il centrosinistra “in ritardo” di 15 anni».

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