04/01/2024 di Manuela Antonacci

La ragazza (e l’amore) immortale di Camillo Langone

Siamo abituati ad un Camillo Langone dalla penna sferzante che non fa sconti a nessuno, nemmeno, come scrive in un divertente articolo risalente ai tempi della quarantena a chi sceglie le "penne rigate", anziché quelle lisce.

Eppure in questo suo primo romanzo d'amore, dal titolo “La ragazza immortale”, edito da La nave di Teseo, emerge uno spaccato dell’animo dello scrittore appassionato di arte, enogastronomia e letteratura, davvero inedito.

Non è un mistero che a Langone piacciano le donne, ma solo quelle "con la gonna- gonna" come cantava qualcuno e qui, anche se l’autore mette le mani avanti sottolineando che la sua non è un’autobiografia, capiamo il perché. L' immagine di maschio che emerge dal protagonista di nome Arturo, un uomo attempato che si innamora di una bellissima ventenne che si chiama Benedetta, è complessa e riserva delle sorprese.

Innanzitutto, nelle prime pagine del romanzo ci ritroviamo di fronte ad un Arturo dall' aria scanzonata che con i finestrini aperti canta correndo in autostrada I am just a gift to the women of this world, praticamente il suo motto, dopo ogni esaltante incontro di "amore fisico", come ama definirlo lui.

Un passaggio non scontato né buttato giù per caso, perché nel descrivere il rapporto tra un signore di 50 o 60 anni e una ragazza giovanissima, si poteva rischiare di cadere in una sorta di "decadentismo sentimentale" e invece così, anche il personaggio di Arturo risulta "fresco" ma contemporaneamente credibile.

Ma… non finisce qui. È una voce autoriale piena di carattere che conduce il romanzo come una giostra rendendolo piacevole, a volte ludico ma non una giostra che gira a vuoto. Una voce che a volte assume accenti erotici sì ma mai volgari, sfumati, a volte con accenti paterni, rendendo l’idea di come la virilità possa assumere diverse sfaccettature.

Ma c'è di più, nel lungo viaggio che i due amanti compiono in giro per l’Italia (in cui di fatto emerge tutta la passione di Langone per la Bellezza che si manifesta nei vari campi dell’esistenza, dalla letteratura al "sentimento del pane”) perché Arturo vuole rendere il suo amore per Benedetta immortale, facendola ritrarre dai migliori pittori contemporanei italiani, viene fuori una concezione dell’amore che potremmo definire come "salto ontologico", dall' umano al divino.

Infatti, il protagonista che sin dall' inizio accenna alle sue esperienze amorose anche con donne impegnate sentimentalmente, tuttavia, nelle successive pagine del romanzo che scorrono come l’olio, si rivela tutto tranne che apatico e insensibile. Forse è insensibile e apatico verso un mondo materialista e privo di slancio metafisico ma è sensibile e affezionato all'idea dell'Eternità: «È il tuo anelito per la mia vita eterna nell'arte, che mi hai regalato. L'amore non è assenza di morte di più, l'amore è uno slancio verso l’altro così alto che è un desiderio inestinguibile». Così Benedetta in un’ideale lettera finale, dedicata al suo amato, descrive il sentimento che lo muove. Quella sete di Infinito che la Bellezza rappresenta e indica al tempo stesso. E qui la voce autoriale si fa forte perché indica una prospettiva trascendente (vera anima forse anche dell’autore?).

Come i quadri in cui è ritratta Benedetta che sembrano gridare tutti: Affinché tu sia! È con un misto di desiderio, senso di protezione e di una forza virile che di fronte alla prospettiva della morte Arturo non si limita ad esserne soverchiato per la paura, ma ha la forza di superarla in nome dell'amore per Benedetta, per realizzare questo "desiderio di infinità" di saperla "eterna come una dea", divenendo, in questo slancio coraggioso, immortale lui stesso.

Come scrive Benedetta, dopo la morte dell'amato in una lettera a lui rivolta: «L'amore è solo un desiderio inestinguibile. [....] È il desiderio che non si spegne e che in questi quadri resta acceso nella fiamma che illuminera' i miei giorni e vivrà per sempre».

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