Continua a tenere banco la questione relativa al laboratorio per “bambini trans” promosso dall’Università di Roma Tre, sul quale per prima Pro Vita & Famiglia ha richiamato l’attenzione. Si tratta, lo ricordiamo, di un evento rivolto a «bambin* trans e gender creative» con l’obiettivo «di ascoltare e raccogliere le storie» di giovanissimi tra i 5 e i 14 anni. Ed è comprensibile, onestamente, che si siano accese numerose polemiche e la questione stia tuttora avendo ampia eco mediatica. Intanto perché già parlare di «bambin* trans» significa sposare – per di più a danno dei più piccoli – un’antropologia fluida del tutto contraria al buon senso, alla ragione e alla scienza. Non a caso sono riviste come il British Medical Journal - fondata nel 1840 e considerata tra le quattro migliori al mondo in ambito medico – a segnalare che molto di ciò di cui si discute e purtroppo si opere anche a proposito dei «baby trans», oggi, lo si fa senza essere «in linea con la forza delle prove».
Tornando a noi, c’è da dire che le polemiche in oggetto paiono più fondate anche perché non ci sono garanzie che tale laboratorio, in programma il prossimo 28 settembre, sia condotto con terzietà, anzi; già è emerso come entrambi i soggetti promotori del laboratorio, Michela Mariotto e Maric Martin Lorusso, risultino direttamente collegati all’associazione “GenderLens”, un gruppo di attivisti politici impegnati per il riconoscimento dell’identità di genere fluida, “creativa” e “trans” dei bambini sin dall’infanzia.
Ancora, il clamore mediatico e anche politico è giustificato dal fatto che il laboratorio della discordia, promosso, come detto, da Mariotto che è anche ricercatrice di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, sia stato approvato dalla Commissione Etica dell’Ateneo stesso; Commissione sui cui parametri di vigilanza, a questo punto, appare più che lecito interrogarsi. Alla luce di tutto questo, oggettivamente, non c’è di che stupirsi delle reazioni che la notizia di questa iniziativa sta suscitando.
Per le stesse ragioni c’è poco da meravigliarsi del fatto che anche la politica si stia attivando per far luce su questo laboratorio. «Coinvolgere i bambini di cinque anni è inaccettabile», ha dichiarato in una nota il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, che considera l’iniziativa in oggetto «un colpo ferale alla libertà dei minori di crescere senza condizionamenti né coercizioni indotte, così come alle mamme e ai papà espropriati del loro diritto dovere di educare e formare i loro figli in un’età così delicata». Sulla vicenda è intervenuta anche la senatrice di FdI, Lavinia Mennuni, facendo notare che purtroppo «già altrove, in scuole di ogni ordine e grado, numerosi genitori denunciano da tempo attività rivolte ai loro figli con chiari riferimenti alla sfera intima».
Chiaramente queste parole – indubbiamente vere – non bastano per denunciare l’assurdità di tale progetto. E infatti Pro Vita & Famiglia si è già attivata su più versanti. Anzitutto inoltrando tempestivamente una PEC al rettore dell’Università degli Studi Roma Tre, il professor Massimiliano Fiorucci, per chiedere «di revocare immediatamente l’approvazione del progetto di ricerca in oggetto, e in caso contrario di motivare la decisione chiarendo: le specifiche del progetto di ricerca della dottoressa Mariotto approvato dal Comitato Etico di Roma Tre, in particolare i fini della ricerca e il tipo di “strumenti ludico-creativi” che saranno somministrati ai bambini e minori coinvolti; in base a quale letteratura scientifica il Comitato Etico di Roma Tre ha ritenuto di poter approvare un progetto di ricerca che qualifica come “trans” anche bambini dai 5 anni e che omette ideologicamente le desinenze maschili e femminili nella propria descrizione; se il progetto di ricerca in oggetto ha ricevuto finanziamenti pubblici da parte dell’Università o da altri enti e nel caso di quale ammontare; se l’Università sia stata informata del fatto che i professionisti coinvolti fossero anche attivisti politici entrambi legati all’associazione “GenderLens”; se alla luce di tali fatto il Comitato Etico di Roma Tre intenda rivedere o confermare il proprio giudizio sul progetto di ricerca in oggetto».
Dopodiché sempre la onlus ha comunque anche promosso una petizione al riguardo – ovviamente per chiedere lo stop al laboratorio in oggetto. In quest’ottica, non si può che esprimere un plauso anche al ministro dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, la quale ha dato mandato agli uffici del ministero di contattare l’Università Roma Tre allo scopo di acquisire, in tempi rapidi, informazioni circa il laboratorio in oggetto. Non resta, a questo punto, che augurarsi che sia le iniziative di Pro Vita & Famiglia, sia quelle di Rampelli (che ha annunciato una interrogazione) e del ministro Bernini possano far luce su questa vicenda. Anche perché, oltre alla già ricordata gravità di questo laboratorio dal sapore fortemente ideologico, c’è da dire che per ora le risposte che arrivano dall’ateneo Roma Tre non si possono ritenere soddisfacenti; tutt’altro. Si tratta infatti di vere e proprie difese ideologiche da parte dell’Ateneo.
Appare infatti inaccettabile se non addirittura assurda la nota stampa diramata due giorni fa dall’Ateneo ieri in cui – oltre ad evocare l’immancabile “caccia alle streghe” - si parla di «una polemica strumentale e disinformata» a danno di una iniziativa che non sarebbe «altro che una delle fasi di un progetto, uno studio scientifico di natura qualitativa sul benessere di bambini e ragazzi con un’espressione e/o identità di genere non normativa clinicamente riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità». Insomma, siamo dinnanzi a «una sessione di ricerca a cui prendono parte persone che hanno aderito al progetto con il consenso e la presenza dei loro genitori» e che sarà, udite udite, «pioniere in Italia nella discussione che riguarda la diversità di genere nei minori, contribuendo a far progredire la comprensione e la consapevolezza della diversità di genere».
Francamente sono parole che non solo non smentiscono nulla, ma anzi difendono e incoraggiando l’evento stesso e rafforzano la sensazione che sull’iniziativa rivolta a «bambin* trans e gender creative» di Roma Tre vada fatta la massima chiarezza; perché dove c’è di mezzo il bene dei bambini non sono ammissibili iniziative Lgbtqia+ di sorta, tanto più quelle sul cui fondamento scientifico, a questo punto, i dubbi non mancano affatto; anzi, abbondano. Dichiarazioni, inoltre, ancor più gravi e sconcertanti se pensiamo che proprio Fiorucci è stato fino a due anni fa Presidente Nazionale della Società Italiana di Pedagogia, di cui oggi è ancora consigliere nel Direttivo: proprio da lui ci saremmo aspettati maggior giudizio, prudenza e scientificità su un progetto arcobaleno che pretende di affibbiare a bambini e bambine etichette ideologiche totalmente inadeguate alla loro crescita e alla loro formazione.