In Texas è stata emanata una legge che impone il monitoraggio dettagliato delle conseguenze dell’aborto volontario sulla salute delle donne.
Qual è in Italia, invece, il livello di conoscenza delle conseguenze dell’aborto sulla salute da parte delle donne e dell’opinione pubblica? Quanto è veramente “informato” il consenso da firmare per sottoporsi all’aborto? Esiste una commissione incaricata di registrare questo tipo di problemi quando si presentano, e di farne un resoconto annuale da portare a conoscenza della collettività?
Nella relazione annuale del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194/78, ci sono solo solo i dati registrati immediatamente dopo l’intervento, riportati alla fine della relazione in modo piuttosto generico.
Abbiamo riassunto i dati riportati nelle relazioni dall’anno 2001 al 2015. Si parla di emorragie, infezioni e “altro” .
Sarà forse il caso di conoscere meglio queste altre complicanze non specificate, visto il loro forte aumento di anno in anno?
Inoltre, dal 2013 sarebbe possibile registrare più di una complicanza per ciascuna IVG e di raccogliere anche il dato sul mancato/incompleto aborto, ma visto che molte Regioni non hanno ancora aggiornato i loro sistemi di raccolta dati , non è possibile analizzare questo risultato.
Inoltre, per l’anno 2014 il Ministero della Salute segnala il decesso di due pazienti. Una donna della Campania, deceduta dopo un aborto all’ottava settimana di gravidanza, che era tornata in ospedale due giorni dopo l’IVG lamentando forti dolori addominali e febbre alta. Nonostante l’immediata somministrazione di diversi trattamenti farmacologici e l’esecuzione di un’isterectomia d’emergenza, la donna va incontro a due arresti cardiaci e muore. L’altro decesso riguarda una donna del Piemonte, sottopostasi ad aborto farmacologico (con la RU486). La signora accusa una crisi cardio-respiratoria mentre è ricoverata in attesa di espellere l’embrione, dopo il trattamento con prostaglandine. Gli esami hanno rivelato la morte della donna per shock settico a seguito di infezione da streptococco di gruppo A e conseguente miocardite.
Questi sono i dati di cui dispongono le donne e l’opinione pubblica italiana sulle conseguenze provocate dall’aborto. Dati, come dicevamo, molto generici. Ad esempio, per quanto riguarda le emorragie, ne esistono di vario tipo e livello di gravità: si è trattato di emorragie a livello della cervice uterina, per esempio per una lacerazione durante le manovre di aborto, o di emorragie interne a livello dell’utero, per esempio a causa di una perforazione uterina o di un aborto incompleto? Quante sono state le emorragie lievi e quante quelle gravi tali da richiedere interventi di emergenza e trasfusioni di sangue? La relazione non lo specifica, sappiamo solo che dal 2011 al 2015 ci sono stati 1.143 di questi casi.
La voce più oscura è senz’altro quella delle “altre complicanze” che peraltro sono aumentate e molto negli anni. Di quali complicanze si tratta? Danno cervicale, perforazione o lacerazione dell’utero, problemi legati all’anestesia, aborto incompleto da ripetere…?
E poi mancano totalmente tutte le conseguenze sulla salute fisica a medio e lungo termine. E’ provato che l’aborto volontario possa causare problemi materni e perinatali in future gravidanze, come sterilità, aborto spontaneo, parto prematuro, gestosi, placenta previa, sanguinamento vaginale, isterectomia post-partum, gravidanze extrauterine, endometriosi, cancro al seno… Né si parla delle conseguenze psichiche e della sindrome post aborto.
In un’epoca di “consenso informato”, “trasparenza”, e di “diritto alla salute”, ci sembra che nell’interesse delle donne, queste lacune e tante imprecisioni vadano eliminate.
Lorenza Perfori
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