Giovedì scorso la Camera dell'Arizona ha approvato due progetti di legge con l’obiettivo di vietare l'intervento chirurgico di riassegnazione di genere nei minori e, per gli atleti transgender, di gareggiare negli sport femminili.
Non si sa ancora se il governatore repubblicano Doug Ducey firmerà questi due disegni di legge, ma la strada intrapresa dall’Arizona è la stessa che anche altri 19 stati a stelle e strisce stanno percorrendo per contrastare la deriva gender non solo nello sport – che come sappiamo discrimina le donne – ma anche nei confronti dei minori e dunque per limitare l'assistenza sanitaria che afferma il genere.
Una presa di posizione a favore dei diritti di donne e bambini che sta cavalcando la giusta indignazione per l’ormai famoso caso dell’atleta transgender Lia Thomas. Anche in Arizona, infatti, questi casi sono una realtà, dove finora ben sedici atleti trans hanno ottenuto il via libera per gareggiare nella categoria del genere in cui si identificano.
Pesanti critiche, però, sono arrivate anche per l’altro progetto di legge, quello che vieta gli interventi di riassegnazione del sesso nei minori. «Questo disegno di legge sta creando una soluzione inutile e dannosa a un problema inesistente», ha affermato ai legislatori Skyler Morrison, una ragazza transgender di 13 anni, intervenuta durante un'audizione in commissione all'inizio di questo mese. «È ovvio che questo disegno di legge è solo una scusa per discriminare le ragazze transgender».
Invece, come ha ribadito l’esponente repubblicana Shawnna Bolick, «questo disegno di legge riguarda semplicemente la biologia». La normativa in questione originariamente avrebbe dovuto vietare tutte le “cure” finalizzate ai processi di transizione, ma in seguito alle proteste è stata modificata, includendovi soltanto gli interventi chirurgici “irreversibili”, perché pericolose per i giovanissimi che potrebbero poi in futuro pentirsene.