In Colorado - così come in tanti altri Stati Usa e del Mondo - non è possibile fare psicoterapia per supportare un giovane che si trova in uno stato di confusione sulla propria “identità sessuale”. Spesso, inoltre, quello della psicologia e della psicoterapia per risolvere queste condizioni è visto come un tabu, reso tale soprattutto dalla narrativa ideologia Lgbt, che ha fatto di tutto per far passare questo approccio come addirittura “violento” per i bambini. In realtà è proprio l’opposto, poiché un sano e corretto approccio psicologico prima può evitare tante e pericolose derive dopo, in particolare se pensiamo alla transizione di genere dei minori. Ora, però, questo tabu può essere scardinato e chi può iniziare a farlo è la Corte Suprema degli Stati Uniti, chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di una norma che vieta proprio la cosiddetta “terapia riparativa” in Colorado.
Il caso sul tavolo della Corte Suprema
La Corte Suprema degli Usa ha infatti accettato di esaminare il caso che vede protagonista una counselor cristiana, Kaley Chiles, la quale ha fatto causa alla legge che proibisce le “terapie riparative”. Gli avvocati dell’associazione Alliance Defending Freedom (Adf) che ne hanno assunto le difese affermano nel merito che una simile censura unilaterale da parte del governo rispetto alle conversazioni private tra pazienti e counselor violi le doverose tutele della libertà di parola protette dal Primo Emendamento. Di contro, invece, i promotori dei bloccanti la pubertà, delle terapie ormonali e degli interventi chirurgici per minori sostengono che leggi come quella del Colorado proteggerebbero i giovani vulnerabili «da pratiche inefficaci e potenzialmente pericolose che possono portare a un aumento della sofferenza psicologica e al suicidio». Semmai - come già accennato - è vero l’esatto contrario, ossia è proprio l’approccio affermativo a causare danni spesso irreversibili sulla salute psicofisica dei più piccoli e a spingerli anche a gesti estremi, come attestano ampiamente sia gli studi scientifici più recenti che le stesse testimonianze di numerosi detransitioners. Nel 2022 Chiles aveva fatto già causa al Colorado per l’impossibilità di accedere a tali terapie nello Stato americano. Il governatore Jared Polis - firmatario della legge proibizionista del 2019 - affermava a suo tempo che la legge avrebbe aiutato «così tante persone in Colorado a garantire che nessuno possa essere costretto a partecipare a una pratica pseudoscientifica di ‘terapia di conversione’ tortuosa». Il tribunale distrettuale federale ha purtroppo respinto la richiesta di Chiles di sospendere temporaneamente l’applicazione della legge, decisione successivamente confermata anche in appello. Di qui la legittimità costituzionale di tale divieto è arrivata sul tavolo dei giudici della Corte Suprema, da cui si attende a giorni il verdetto.
Perché il divieto è incostituzionale
«C’è un consenso crescente in tutto il mondo sul fatto che gli adolescenti che soffrono di disforia di genere hanno bisogno di amore e di un’opportunità per parlare delle loro lotte e dei loro sentimenti. La legge del Colorado proibisce ciò che è meglio per questi bambini e invia un messaggio chiaro: l’unica opzione per i bambini che lottano con questi problemi è quella di dare loro farmaci pericolosi e sperimentali e interventi chirurgici che li renderanno pazienti per tutta la vita», ha affermato Kristen Waggoner, presidente e consulente generale dell’Adf. I funzionari del Colorado che difendono a spada tratta la normativa vigente ritengono invece che i trattamenti medici, inclusa la psicoterapia, debbano assecondare i dettami mainstream sull’identità di genere. Ma «il governo non ha alcun diritto di censurare le conversazioni private tra i consulenti e i loro giovani pazienti, né un professionista dovrebbe essere usato come strumento per imporre ai suoi pazienti le opinioni alquanto discutibili del governo», replica ancora la Waggoner in un comunicato stampa.
La follia gender messa all’angolo negli Usa
Sin dal suo insediamento Donald Trump ha tuonato contro la «follia gender», poiché «esistono solo uomo e donna» (come ha dichiarato per mezzo di un ordine esecutivo) e sta conseguentemente attuando un rigoros piano - in special modo attraverso l’azzeramento dei fondi alle Big Pharma che alimentano il business che gira intorno alle terapie ormonali - per evitare anzitutto la «mutilazione chimica, fisica ed emozionale» dei minori, affinché nessun bambino presuma di essere nato nel corpo sbagliato. Anche questo argomento, tra l’altro, è stato al centro di un ordine esecutivo ben preciso del neopresidente. Eppure sono attualmente 22 gli Stati americani - tra i quali in particolare Washington DC, Hawaii e Vermont - che hanno leggi simili a quella del Colorado che vietano le “terapie riparative” per i minori, tra i quali in particolare la California, che - da sempre in prima linea nella deriva ideologica Lgbtqia+ - fu la prima nel 2012 a proibirle.
In Italia risuona ancora l’allarme lanciato da Luka Hein
Da una Corte Suprema che negli ultimi anni è stata - ed è - di chiaro stampo conservatore o comunque non troppo progressista (vedasi ribaltamento della storia Roe vs Wade sull’aborto), ci si aspetta dunque un pronunciamento di civiltà e buon senso, improntanto quindi a consentire queste terapie nel pieno e sano rispetto della salute di bambini e adolescenti. In gioco c’è la vita stessa, appunto, dei giovani, come in Italia ci ha spiegato e ricordato la detransitioner Luka Hein, che con il il cui tuor nella nostra Penisola ha incontrato migliaia di persone a ottobre 2024. Luka, infatti, aveva solo 14 anni quando le fu prescritta una pillola anticoncezionale ormonale per interrompere il ciclo mestruale. A 15 anni iniziò la “transizione sociale” cercando di coprirsi il seno fasciandolo e a 16 anni arrivò a compiere il primo intervento chirurgico con una doppia mastectomia, iniziando da lì in poi, fino ai 21 anni circa, ad assumere testosterone. Quando decise di tornare indietro, per molti aspetti - come appunto le cicatrici fisiche e la voce - era ormai troppo tardi.
RIVEDI QUI DI SEGUITO LA TESTIMONIANZA DI LUKA HEIN IN ITALIA