Può un pedofilo prendersi platealmente gioco del sistema giudiziario? Nell’Occidente dei “nuovi diritti” purtroppo sì, è possibile anche questo. Un tragico esempio a questo proposito è quello che sta occupando la stampa inglese in questi giorni: quello di Janiel Verainer. Un nome che, verosimilmente, non dirà molto ai più, ma che invece meriterebbe di essere ben impresso nella mente. Sì, perché quest’uomo di 63 anni è un pedofilo arcinoto alle forze dell’ordine, che già due anni fa aveva fatto notizia, anzi scandalo, per essersi presentato in tribunale vestito da elfo. Non è uno scherzo: ci sono le immagini che lo ritraggono con delle trecce, un cappello da elfo appuntito e ai piedi lunghe calze bianche e rosse.
Ebbene, a distanza di due anni Verainer sembra averci preso gusto, con le sue penose recite. Racconta infatti il Daily Mail come costui, sempre da imputato, sia recentemente comparso in tribunale – precisamente alla Maidstone Crown Court – identificandosi come una bambina, arrivando a succhiarsi il dito in aula e assicurando di avere «mentalmente dai 3 ai 7 anni». Ha addirittura sfoggiato, lui pedofilo, una felpa decorata con immagini di bambini. Una sceneggiata orchestrata con uno scopo ben preciso: quello di far sì che Verainer – che sta scontando una detenzione per aver violato l’ordinanza che gli impediva, dati i precedenti, di usare chat e telefoni, mentre gliene sono stati trovati due – possa essere riconosciuto come vittima della sindrome del “bambino adulto”, che però un perito ha escluso possa esistere, parlando piuttosto, con riferimento agli atteggiamenti dell’imputato, di «una scelta di vita».
Va da sé, come già accennato, che l’imputato in questione ha una serie significativa di precedenti. A partire dal fatto di essere stato sorpreso a baciare delle giovani, infrangendo il divieto di avvicinarsi ai più piccoli che pende sulla sua testa dal 2016. Non stiamo insomma parlando, meglio ribadirlo, di qualcuno di accusato di abusi, ma di un pedofilo accertato, che adesso si è messo a recitare la parte indegna di bambina all’interno di un’aula di giustizia.
Inutile dire come chiunque abbia seguito questa vicenda ne sia rimasto sconvolto. Il giurista Paul Schofield si è detto sotto choc per il fatto che Verainer non sia stato cacciato immediatamente dall’aula. «Questo qui si fa beffe della corte», ha dichiarato, «questo è disprezzo. È del tutto irrispettoso nei confronti della corte e del processo: non è giusto». Il comportamento del pedofilo è stato giudicato allucinante dall'ex ministro conservatore Caroline Dinenage e dal deputato riformista Lee Anderson. Ma a colpire è soprattutto, lo si ripete, l’atteggiamento del tribunale, che ha accettato la sceneggiata di Verainer senza neppure esortarlo ad un atteggiamento degno dell’aula.
Ora, che insegna questa vicenda, per quanto considerabile bizzarra? Una cosa molto semplice, e cioè che nel momento in cui si accetta che l’identità di una persona sia definibile non già dai suoi caratteri oggettivi ma solo da quello che l’individuo “si sente di essere”, ecco, tutto è possibile. Perfino che ad un pedofilo sia consentito, per di più all’interno di un’aula di tribunale, di recitare vergognosamente la parte di una bambina «dai 3 ai 7 anni». Si tratta – è evidente – di una degenerazione, di un caso limite, tutto vero. Però che Janiel Verainer abbia offeso la giustizia britannica è un fatto. Ed è altrettanto un fatto che, se un individuo deve essere considerato libero di dichiararsi chi “si sente di essere”, la soluzione logica non può che essere una: quella che dà ragione al pedofilo inglese. Ma sarebbe accettabile un mondo così? Forse vale iniziare a domandarselo.