15/02/2019

L’età del bambino al divorzio dei genitori può provocare depressione in ​​età adulta

Divorziare fa male, era ovvio facesse male anche ai bambini ma ora uno studio pubblicato in Norvegia approfondisce il tema della sofferenza infantile e l’uso di antidepressivi da adulti. Il divorzio è diventato sempre più comune negli ultimi decenni, non solo in Norvegia. Le coppie sposate hanno attualmente il 40% di possibilità di divorzio durante la vita coniugale. Di conseguenza, molti bambini sperimentano la separazione dei genitori. Nonostante molte ricerche, si sa poco del loro benessere. Un recente studio del Centro per la fertilità e la salute norvegese, dimostra che l’età dei bambini quando i loro genitori divorziano ha implicazioni sulla loro possibilità da adulti di soffrire di depressione.

«Potremmo dimostrare che i bambini i cui genitori divorziarono quando avevano 15-19 anni hanno il 12% in meno di probabilità di usare antidepressivi da adulti rispetto a quelli i cui genitori divorziarono quando avevano quattro anni o meno. Se il ragazzo al momento del divorzio dei genitori ha 20 anni, da adulto ha solo il 19% probabilità di usare antidepressivi», spiega Øystein Kravdal, l’autore principale dello studio. I ricercatori hanno utilizzato i dati del Norwegian Prescription Database, un database che monitora i farmaci prescritti in Norvegia. Circa 180.000 bambini che hanno vissuto a diverse età il divorzio dei genitori e 640.000 bambini i cui genitori non hanno divorziato. Lo studio suggerisce che dovrebbe essere prestata particolare attenzione ai bambini che hanno avuto il divorzio dei genitori quando erano in giovane età.

«Tuttavia, per dare consigli più specifici, avremmo bisogno di nuove conoscenze sul motivo per cui un divorzio in età precoce è dannoso per la salute mentale dei bambini. Una ricerca ulteriore è necessaria per rispondere a questa domanda». Non ci sono ancora spiegazioni chiare per la scienza, tuttavia è bene prendere atto dei pericoli che il divorzio può portare alla salute e all’equilibrio futuri dei bambini che sono in tenera età. Una società sempre più focalizzata al “preminente interesse del bambino”, dovrebbe guardare senza pregiudizi a questi studi che riaffermano aspetti importanti, sia sulla salute del bambino sia sulla imprescindibile relazione tra il bambino, i propri genitori e le scelte degli adulti. La stabilità famigliare, al di là di casi di violenze, è sempre utile e non solo perché costruisce e costituisce il fattore principale della coesione sociale, ma anche per lo sviluppo armonioso ed equilibrato dei cittadini di domani, i bambini. Confidiamo che anche queste ricerche possano essere oggetto di attenzione nel dibattito politico e parlamentare italiano che da qualche mese, giustamente, si interroga sul tema.

Luca Volontè

Fonte: MedicalXpress

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