Per “teorie di genere” (“Gender Theory”) si intende un complesso di studi (psicologici, filosofici, sociologici, etc.) che prendono avvia sotto l’impulso del movimento femminista degli anni sessanta e danno la base teorica per la contestazione del sistema tradizionale dei valori e dei ruoli sociali.
Nel corso degli anni le teorie di genere forniscono un supporto teorico sempre più massiccio anche ai movimenti gay, sostenendo in particolare che la differenza tra uomini e donne è una mera convenzione sociale (costruita attraverso l’imposizione di regole e norme esterne, che obbliga le persone a vivere “da maschio” o “da femmina”).
Al convegno delle Nazioni Unite di Pechino del 1995 – dedicato alla condizione femminile e che ebbe fra le principali protagoniste Hillary Clinton – si propose di sostituire la differenza tra uomini e donne con cinque “generi”. La proposta non passò perché soprattutto la Chiesa Cattolica fece opposizione e si alleò con altri paesi; però, di fatto, queste idee, anche se non approvate ufficialmente, sono ormai imposte e diffuse a livello planetario e sono considerate una evidenza che fa parte della realtà.
Oggi, di fatto, l’identità sessuale fondata sulla realtà biologica psicofisica appare completamente sostituita dall’identità di “genere”, concetto mobile senza contorni ben definiti che promette di superare il dualismo eterosessuale uomo-donna per consentire una più ampia (ed arbitraria) gamma di auto-rappresentazione di sé (maschile, femminile, omosessuale, transessuale, queer, e via dicendo).
In una società liquida, che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che possono essere liberamente interpretate, disgregate e ricomposte a proprio piacere, in modo ondeggiante e incerto, fluido e volatile, la rigida dualità dei generi, maschile e femminile, deve necessariamente e forzatamente essere superata, in favore di una concezione sostanzialmente queer: mutevole, fluida, pronta a mutare in relazione al contesto ambientale e ancor più dal desiderio sentimentale individuale o dall’emotività passeggera.
Si tratta quindi di una vera e propria nuova visione del mondo, una Weltanschauung che ha origine da studi settoriali per poi evolversi in direzione politica e sociale e che su realizza con l’affermazione spesso violenta di un nuovo orizzonte di valori cui oggi – tutti, consapevoli o meno – siamo invitati ad aderire. Con le buone o con le cattive.
LE ORIGINI
Ma il gender non viene dal nulla. Per essere compreso occorre comprenderne le radici e la destinazione. Anche se come abbiamo visto la sua è una storia piuttosto recente, occorre riconnetterlo ad un panorama più ampio, completamente intercalato nello sfondo del Relativismo e del Nichilismo che fin dall’inizio accompagnano la storia del pensiero occidentale.
(Non sarà forse inutile ricordare che il Relativismo consiste nel negare l’esistenza di una verità assoluta, mentre il Nichilismo afferma qualcosa di più: l’esistenza umana è priva di senso, non ha scopo e nemmeno un valore ontologico assoluto).
E’ stato Protagora (486 a.C.- 411 a.C), per primo, a proclamare la relatività di ogni valore e a negare l’esistenza di una verità certa, assoluta, vincolante: “l’uomo è misura di tutte le cose”.
Secondo il Relativismo non esiste una verità assoluta: bene e male, giusto e sbagliato, sono ciò che l’uomo crede tali. All’uomo, secondo la mentalità relativista, spetta allora il compito di creare valori e di impostare la propria esistenza al di fuori di ogni vincolo precostituito: se la verità non esiste ne consegue che appartiene ad ogni uomo la possibilità di creare la propria.
Questa è anche la ragione per cui Relativismo e Nichilismo sono profondamente intrecciati fra loro: se non esiste alcuna verità allora nemmeno la verità che l’uomo è in grado di creare può elevarsi al rango di verità assoluta, in grado di determinare alcunché. L’orizzonte umano ne risulta così indebolito e la vita stessa viene di fatto percepita come un nulla, un nihil che l’uomo può padroneggiare e manipolare totalmente, proprio in quanto spogliata della sua assoluta regalità.
Ma il Relativismo, come il Nichilismo ad esso correlato, sono logicamente e moralmente inaccettabili.
Da una parte il Relativismo è contraddittorio nella misura in cui pretende di negare ogni possibilità di conoscenza oggettiva da un punto di vista che però pretende di essere oggettivo, affermando la relatività di ogni verità ma facendone al tempo stesso una tesi assoluta. Dall’altra il Nichilismo pretende di affermare filosoficamente la nullità dell’esistenza umana, di ogni fede e di ogni valore, ma si presenta a sua volta esso stesso come una fede ed un valore: una fede nel nulla, dal momento in cui affermare che l’essere equivale al nulla è infatti il frutto di una fede e non di un argomento razionale, ed un valore, nel momento in cui proclama l’esigenza di fondare su questo nulla nuovi valori.
Al di là della controversia filosofica, è soprattutto sul piano etico che gli effetti del Relativismo e del Nichilismo sono più devastanti.
Se infatti non esiste una Verità assoluta allora ne consegue che non esiste allora alcuna linea di demarcazione oggettiva tra bene e male: dunque in linea teorica tutto è concesso. Ma, daccapo, l’affermazione affermazione “tutto è lecito” pretende di porsi a sua volta come una norma assoluta, a dispetto del presunto carattere “non prescrittivo” del relativismo.
Come si vede, non si esce dalla contraddizione.
Per questi motivi, il Relativismo non può che essere imposto dall’alto. Con diverse modalità, più o meno sofisticate, di fatto il Relativismo finisce con l’imporsi come una dittatura.
A questo punto l’analogia ed il profondo legame con l’ideologia gender dovrebbe essere chiara: basti pensare al processo di normalizzazione che viene oggi imposto con sempre maggiore violenza, come si vede chiaramente dal caso francese, tedesco e – prossimamente – anche italiano.
La parola d’ordine è “dittatura”, come anche il laicissimo filosofo Stefano Zecchi non ha mancato di osservare: “(...) lasciate in pace i bambini: su di loro si sta esercitando un’ideologia violenta che non dovrebbe nemmeno lambirli. D’altra parte è tipico dei regimi, che come prima cosa si appropriano delle scuole: questo sta diventando un regime e infatti tutti hanno paura di reagire, anche solo dire che il padre è un uomo e la madre una donna è diventato un atto di coraggio. Siamo al grottesco”.
E non possono non tornare alla mente le parole dell’allora cardinale Ratzinger quando (nel 2005) affermava:
«Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo».
Alessandro Benigni