La sabbia nella clessidra sta per esaurirsi: dopo le audizioni in Commissione, l’esame della proposta di legge Zan è stato calendarizzato alla Camera dei Deputati per il prossimo 30 marzo. Meno di un mese, quindi, e il nostro Parlamento discuterà ufficialmente la legge sull'omofobia/omotransfobia. Ora, a tale iniziativa legislativa si possono muovere numerosi rilievi, ma ce n’è uno che li precede tutti per gravità ed è il seguente: esiste forse, nel Paese, la necessità di una normativa di questo tipo?
La relazione introduttiva al disegno di legge Zan afferma che «i fatti di cronaca denunciati da numerosi quotidiani nazionali e locali hanno segnalato l’esponenziale aumento nel numero e nella gravità di atti di violenza nei confronti di persone omosessuali e transessuali». Un’affermazione accanto alla quale, però, non vengono forniti numeri né statistiche: curioso, dato che un «esponenziale aumento» di aggressioni non dovrebbe essere difficile da documentare, anzi. Eppure i firmatari del disegno di legge lanciano il sasso e nascondono la mano, paludandosi dietro ad un fumoso riferimento a «numerosi quotidiani nazionali e locali».
Ma forse l’omissione non è causale, ed ha una spiegazione fin troppo banale: l’«esponenziale aumento» di aggressioni di matrice omofoba in corso in Italia non viene documentato per il semplice fatto che non esiste. In effetti, tutti i dati a nostra disposizione vanno nella direzione opposta, sottolineando che il nostro Paese non è affatto omofobo. Quali dati? A differenza dei proponenti del disegno di legge contro l’omofobia, non abbiamo alcune difficoltà ad elencarli.
Iniziamo con l’osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, che ha certificato come dal 2018 al 2019 le aggressioni fisiche legate all'orientamento sessuale e all'orientamento di genere siano diminuite drasticamente, passando da 43 a 29 annue. Dunque non solo l’«esponenziale aumento» di omofobia non esiste, ma si registra un esponenziale calo di questo tipo di violenze. Non solo: neppure le discriminazioni tra i giovani sembrano avvalorare la pista dell’omofobia.
Lo prova un’indagine del 2014 – quindi in era pre unioni civili, quando l’Italia in teoria era ancora nel «Medioevo dei diritti» - dell’Istituto Piepoli sulla diffusione di pregiudizi e stereotipi tra i ragazzi fra i 14 e i 17 anni dalla quale è emerso come la discriminazione ritenuta più frequente sia quella fra le persone omosessuali ma quella alla cui, di fatto, i giovani assistono più spesso è – di gran lunga, fra l’altro – quella a danno delle persone obese (23%), rispetto a quella contro le persone omosessuali (13%). Il dato appare rilevante perché da un lato conferma come, in effetti, la percezione dell’omofobia fra i giovani sia diffusa, forse anche in conseguenza della massiccia visibilità mediatica della questione, ma dall’altro evidenzia come essi stessi, interpellati sulle loro esperienze personali, ammettano che la realtà sia diversa da come la descrivono.
Sfortunatamente per i sostenitori della legge contro l’omofobia, neppure le associazioni Lgbt sono state finora in grado di provare l’intolleranza che aleggerebbe nel nostro Paese. Lo documenta il Global Attitudes Survey on LGBTI 2016, maxi indagine dell’ILGA – acronimo che sta per International Lesbian and Gay Association, non proprio un’associazione tacciabile di omofobia – effettuata a livello globale in oltre cinquanta Stati per un totale di 96,331 persone interpellate.
Ebbene, con quell’indagine, uscita un mese prima che le unioni civili diventassero legge – quindi sempre quando il nostro Paese era, per alcuni, nella morsa dell’oscurantismo – si è sondata tra le varie cose la condivisione dell’idea della punibilità dell’essere LGBTI, idea «omofoba» per eccellenza. Con il risultato che l’insospettabile report ILGA ha documentato come appena l’11% degli Italiani sia favorevole a quella tesi estrema, contro il 13% degli spagnoli, il 15% degli olandesi, il 17% dei francesi e il 22% degli inglesi. La stessa, forte contrarietà a simili posizioni è risultata più radicata negli italiani (67%) che negli spagnoli (66%), inglesi (53%) e francesi (52%).
Dunque, per riepilogare: le aggressioni legate all'orientamento sessuale e all'orientamento di genere nel nostro Paese sono in calo; i giovani vedono maggiormente discriminati gli obesi degli omosessuali, e il pensiero degli Italiani in tema di accoglienza delle persone Lgbt è tra i più tolleranti d’Europa. Se ne può concludere – numeri alla mano – come non esista alcuna buona ragione per approvare una legge contro l’omofobia in Italia. Eccetto, naturalmente, quella d’introdurre la minaccia della sanzione penale per tutti quei cattivoni che ancora credono che i figli abbiano diritto a un padre ed una madre e che la famiglia – come pensavano già i «medievali» Padri costituenti – sia la società fondata sul matrimoni. Tutte idee che oggi qualcuno vorrebbe mettere fuorilegge. In nome della «libertà», ovviamente.
di Giuliano Guzzo