Non fa rima con confronto democratico e libertà pensiero, quanto accaduto a Massimo Gandolfini, tra i relatori di un corso dell’ordine dei giornalisti Lombardia e della Fondazione Brunelli Onlus, che si sarebbe dovuto tenere oggi a Milano sul tema: “una informazione qualificata ai giornalisti relativamente alla disforia di genere”. Esatto. Si sarebbe dovuto tenere, ma ciò non è stato così a seguito dell’indignazione generale del mondo Lgbt, proprio per la presenza di Gandolfini, che come Pro Vita & Famiglia abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare ciò che è davvero successo.
Ascolta "L’Ordine dei Giornalisti annulla corso su disforia di genere dopo pressioni Lgbt. Gandolfini: «Censurano scienza»" su Spreaker.Professore, Lei era tra i relatori del convegno, ma dopo un articolo apparso sull’Espresso e rilanciato anche da Repubblica l’evento è stato annullato. Che è successo?
«Si trattava di un corso di formazione rivolto ai giornalisti che si occupano di problemi di carattere medico-scientifico. E’ stato fatto presente che questo convegno si organizza di anno in anno, per cui il tema si conosceva già da tempo e la mia presenza era stata concordata già da due mesi. Il corso dava persino diritto a dei crediti formativi e i giornalisti si erano già iscritti. Era tutto in regola. Il mio ruolo era semplicemente quello di illustrare il punto di vista della ricerca scientifica sul tema del transgenderismo e sulla cosiddetta disforia di genere, per cui si trattava di una relazione di carattere tecnico. Eppure ieri, mattina verso le 8.00 l’Espresso e Repubblica.it pubblicano un articolo, nella forma di un attacco personale contro la mia persona, in cui vengo definito “transomofobo” e ci si interroga sull’opportunità della mia presenza nell’ambito del convegno. A distanza di 4 ore dalla pubblicazione dell’articolo, l’organizzatore del convegno riceve una telefonata dalla segreteria dell’ordine dei giornalisti della Lombardia, in seguito alla quale il corso viene annullato. Non viene data alcuna motivazione neanche per iscritto. Voci di corridoio dicono che la mia presenza sarebbe stata considerata inopportuna per le mie posizioni “transomofobe”. Eppure la mia relazioni si intitolava “Disforia di genere: una sfida per la medicina”, cioè come la medicina si deve porre di fronte alle persone che soffrono questa condizione. Una relazione argomentatissima che ha preso spunto da tutta la bibliografia internazionale sul tema, non una posizione personale, ma la posizione della scienza, oggi che fa paura all’ideologia».
C’è stato un contrordine, all’interno del mondo della comunicazione, per far capire in che direzione deve andare la stampa su certi argomenti? Una censura nella censura?
«E’ così. Non soltanto c’è la censura verso chi tratta questo argomento, in maniera chiara e argomentata, ma addirittura si permette di parlare di un argomento come questo, solo a persone che fanno dell’ideologia sull’argomento e quindi indirizzano la comunicazione in maniera ideologica. Quindi si costruisce una verità da parte di alcuni che sono autorizzati a tenere questi corsi, in maniera che i giornalisti non conoscano l’effettiva portata del tema, ma la verità che del tema vuol essere diffusa e propagandata, si chiama “indottrinamento”».
Quindi, in nome della “morale neutra”, che i media su certi argomenti dicono di diffondere, si mette a tacere chi va contro il pensiero unico?
«Esattamente. Poi c’è una schizofrenia in questo atteggiamento: da un lato il pensiero neutro sostiene il moloch della libertà assoluta, per cui ognuno deve fare e disfare ciò che vuole, dall’altro viene negata la libertà di opinione, in contrasto con l’articolo 21 della Costituzione. Peraltro la mia relazione non era il mio punto di vista personale sulla questione, ma l’opinione della comunità scientifica internazionale: Regno Unito, Finlandia, Svezia, Belgio, Olanda, Stati Uniti, sulla disforia di genere».
A tal proposito, cosa avrebbe detto durante il convegno?
«Il mio intervento era basato sulle slide, per cui chiunque avrebbe potuto prendere appunti e intervenire. Io avrei iniziato con una premessa: “L’approccio al tema della transessualità richiede un atteggiamento di grande prudenza, umana e sociale e di altrettanto grande competenza scientifica, si devono contrastare manipolazioni ideologiche e derive demagogiche, al fine di evitare di fare danni più grandi del problema che si intende risolvere”. E poi avrei cominciato a definire la transessualità, il transgenderismo e la disforia di genere, comparando dati e statistiche».
Pur non trattandosi di un evento politico, secondo lei le imminenti elezioni possono aver influito su quanto accaduto?
«Si tratta di una mia opinione: credo di sì. Infatti gli ideologi del gender hanno paura della verità e siccome tante forze di sinistra sostengono l’ideologia gender, con tutte le sue conseguenze (per il rotto della cuffia siamo riusciti a fermare il ddl Zan) hanno voluto far tacere la voce della scienza. Il pubblico deve sapere, inoltre, che la programmazione di questo evento è stata fatta mesi fa, quando nessuno poteva neanche lontanamente immaginare che il 25 settembre si andasse a votare. Per questo è significativo che alle 8.00 sia stato scritto un articolo largamente menzognero nei miei confronti e alle 12.00 sia stato ritirato il sostegno al convegno. Voglio, infine, specificare che l’articolo in questione mi presenta come un violento omofobo, invece, tutta la mia vita dimostra il mio atteggiamento di rispetto e di amore verso ogni persona umana, anche quelle che non la pensano come me. Non ho mai fatto male a nessuno, ho sempre cercato di servire il bene comune, di servire la verità. Il modo in cui vengo descritto in quell’articolo è profondamente falso e menzognero».
Pro Vita & Famiglia Onlus esprime la propria solidarietà al professor Massimo Gandolfini per la censura seguita alle pressioni della lobby Lgbt. I lettori che volessero unirsi in solidarietà possono scrivere una civile mail di protesta all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia all’indirizzo [email protected]