Tracey Britten ha cinquant’anni ed è mamma di tre figli avuti in giovanissima età e nonna di otto nipoti. Fin qui, tutto normale: una storia di vita come tante altre.
Se non fosse che ora la donna si appresta a diventare nuovamente mamma, e questa volta di quattro gemelli. Il tutto, come è facile intuire, non per un qualche “scherzo” della natura, bensì per una scelta deliberata portata avanti con l’ausilio della tecnica. Tracey si è infatti rivolta al Kolan British IVF Center, sull’isola di Cipro, dove i suoi ovuli sono stati fecondati con lo sperma di suo marito per la modica cifra di 7.000 sterline (in Inghilterra la stessa procedura sarebbe costata il doppio).
Tracey diventerà quindi nuovamente mamma tra qualche mese e, vista la gestazione plurigemellare, nonostante sia ancora ai primi mesi, gli acciacchi si fanno già sentire: dolori al ventre, alla schiena, incontinenza urinaria, difficoltà a mangiare... «Non riesco a dormire, mi sveglio in continuazione per andare al bagno» racconta la donna al Daily Mail «e riesco a mangiare solo minuscoli pezzettini di cibo, perché sento il grembo che mi preme sullo stomaco. È estenuante, una volta superata questa gravidanza sono sicura che riuscirò a sopravvivere a tutto».
Mamma nel 2018: ma nel 2007 ha abortito
Di fronte a questa plurigemellarità, i medici avevano prospettato a Tracey una soluzione: abortire due bambini per permettere agli altri due di aumentare le chances di sopravvivenza, limitando la possibilità di gravi prematurità. La donna ha tuttavia rifiutato, e per un motivo molto preciso: «Sarebbe stato insopportabile, un domani, guardare crescere due dei miei figli e pensare ai due che non c’erano». Come mai questo barlume di consapevolezza? Perché Tracey sa cos’è l’aborto, l’ha provato sulla propria pelle nel 2007 quando, rimasta incinta, pensava di essere troppo anziana per diventare nuovamente mamma.
Anche Il Corriere della Sera racconta di come, questa decisione, fu un «trauma psicologico» e del pentimento che ne seguì. «È stato orrendo», ha affermato poi la donna, «vedere quel piccolo morto, il ricordo mi perseguita ancora oggi». Il che non solo significa che i bambini nel grembo, anche nei primi mesi, non sono un semplice “grumo di cellule”, bensì degli esseri umani portatori di dignità; ma significa anche che l’aborto non è un’operazione indolore, priva di conseguenze fisiche e psicologiche, anzi (qui la petizione di Pro Vita affinché le donne siano maggiormente informate sul tema).
Oltre a questo, a livello psicologico, viene spontaneo chiedersi se il desiderio di Tracey di diventare nuovamente mamma, a cinquant’anni, non sia altro che un tentativo di mitigare il proprio senso di colpa, o di riempire un vuoto lasciato dal bambino abortito, o chissà cos’altro... non ci è dato di sapere.
Mamma a tutti i costi: e i figli?
Ad ogni modo, questa vicenda è emblematica di un modo di pensare sempre più diffuso e accettato: si pensi per esempio a personaggi come la nostrana Gianna Nannini, diventata mamma a 56 anni. Tanto che, come riportiamo nel titolo, Tracey non si capacita del fatto che alcune persone non comprendano la sua scelta: «Nessuno ha criticato Mick Jagger, Ronnie Wood o Elton John quando sono diventati padri a 60 e 70 anni, e allora perché mi stanno attaccando?».
Ma cosa ci rivela questo sistema di pensiero? Semplicemente il fatto che i figli oggi non sono più un dono: sono il frutto di un desiderio; sono concepiti come un diritto; sono visti come oggetti, sui quali si ha potere assoluto (compreso quello di ucciderli, con l’aborto); sono, in definitiva, dei feticci che vanno a sanare delle ferite e riempire dei vuoti, sempre in ottica egoistica.
Teresa Moro
Fonte, anche per la fonte in evidenza: Il Corriere della Sera