Oh, cara mamma Rai, ma quanto ci costi? Nei giorni successivi alla manifestazione di Pro Vita & Famiglia, che la scorsa settimana ha recapitato a viale Mazzini oltre 100.000 firme di protesta contro la propaganda gender sul piccolo schermo e ormai diffusa a tutte le ore, questo tipo di quesito non è esattamente marginale. Infatti, dato che il budget dell’emittente di Stato deriva in larga parte dal canone dei contribuenti, questi ultimi – cioè noi – hanno tutto il diritto di sapere in che modo vedono spesi i loro quattrini.
Ebbene, se prendiamo il festival di Sanremo – in questa edizione come nelle ultime festival della cultura gender non meno della musica italiana – c’è semplicemente da rimanere di sasso. Secondo infatti quello che riportano varie fonti, tra cui l’informato sito Money.it, il conduttore della kermesse, Amadeus, ha percepito un compenso tra 500 e i 600.000 euro. Se a tale già ragguardevole somma si aggiunge il milione di euro circa che lo stesso conduttore percepisce, a stagione, per I soliti ignoti, si arriva serenamente ad un milione e mezzo di euro.
Anche Fiorello, che come noto ha avuto un ruolo di primo piano nell’ultima edizione sanremese, non se la passa malissimo, avendo incassato 250.000 euro (50.000 euro a serata). Per lo show andato onda prima nel preserale di Rai Uno e poi online, Viva Rai Play, lo storico conduttore di Karaoke, avrebbe altresì incassato circa 500.000 in una appena settimana; il mattatore però pare guadagni molto anche con due società possedute insieme alla moglie, una delle quali si trova proprio vicino alla sede Rai di viale Mazzini. Beninteso: Fiorello, così come Amadeus, è un signor professionista. Il suo enorme talento non si discute.
Tuttavia, fa pensare come mamma Rai dispensi i suoi compensi, tanto più in questa fase di fortissima crisi dell’economia a seguito delle chiusure di attività disposte per arginare il contagio da Covid. Lo prova anche quanto guadagna ogni anno Fabrizio Salini, dal luglio 2018 è amministratore delegato della Rai, e cioè la bellezza di 240.000 euro; meno rispetto ai cachet sanremesi di Amadeus e Fiorello, certo, ma comunque persino di più del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il cui compenso si arresta a 239.000 euro annui. Ora, nessuno qui è così ingenuo da non sapere che a certi livelli i professionisti o si pagano o vanno altrove.
Il punto, qui, riguarda le esigenze che una emittente di Stato dovrebbe soddisfare, prima tra tutte la terzietà rispetto a temi eticamente sensibili. Non è cioè accettabile che alle famiglie italiane tocchi da un lato pagare il canone e, dall’altro, la messa in onda di show in salsa gender, palesemente propagandistici e unilaterali quando affrontano temi come la famiglia, le adozioni omogenitoriali, il transessualismo e via discorrendo. Tutto questo non è accettabile. Perché, come ammoniva Ettore Bernabei (1921-2016) – uno che della Rai ha fatto la storia -, la televisione è uno di quegli strumenti che, se usati male, può fare più danni della bomba atomica.
Per questo è gravissimo che una Rai così costosa - e che versa ai suoi artisti, per un singolo spettacolo di una sera, compensi che un lavoratore normale vede in un un paio di anni di lavoro, quando va bene – si permetta pure il lusso di strizzare l’occhio alla minoranza Lgbt. Per il semplice fatto che, se dovessero campare solo con i canoni pagati dalla minoranza arcobaleno, in viale Mazzini non farebbero tanta strada. Anzi, diciamo pure che farebbero la fame.