Il professor Filippo Boscia, già titolare della Cattedra di Medicina della Procreazione Umana dell’Università di Bari, e presidente Nazionale Associazione Medici Cattolici Italiani, si è detto molto entusiasta della giornata del prossimo 20 maggio, quando a Roma si terrà la Manifestazione Nazionale per la Vita “Scegliamo la Vita”.
Anzi, come ci tiene a confermare, la partecipazione dell’AMCI è stata della prima ora: «Per noi è un grande dono esserci ed essere stati contattati: siamo stati presenti alle fasi preliminari dell’evento con due dei nostri dirigenti. Un evento per noi importante: l’intento è quello di far conoscere le nostre motivazioni in una società che sembra essere anestetizzata e aver perso i nostri valori fondativi. Questa marcia è un percorso autostradale: può essere a scorrimento veloce o si può fermare in aree di parcheggio per meditare sul cammino percorso. Io credo però che il percorso che ne conseguirà si possa inserire in paesaggi diversi e agire ovunque in modo opportuno».
La chiave di volta per riuscire a lasciare il segno sono però, secondo il medico, i giovani: «Devono essere coinvolti i giovani, dobbiamo saper suscitare in loro la curiosità: dar loro la positività di guardare avanti, perché non devono fare un resoconto autoreferenziale o egocentrico della loro vita ma devono essere messi in un sentiero all’interno del quale trovare immagini verso un orizzonte nuovo. La marcia può offrire strumenti nuovi per vedere: non è evento solo di presenza ma di attività che si muove a più livelli con coerenza per veder un volgere degli eventi attuali».
Sicuramente gli insegnamenti e i modelli che vengono presentati ai più giovani, oggi, non sono quelli che le famiglie potrebbero aspettarsi. Modelli negativi, anche brutti, che impediscono di vedere con occhio positivo la realtà e i doni che ci vengono dati sui quali invece bisogna puntare: «Grazie al mio lavoro di ginecologo – afferma - sono impegnato ai confini della vita che nasce e conosco, perciò, gli elementi che con la manifestazione di Roma andiamo a proteggere: perché dobbiamo essere capaci di difendere la bellezza del Creato e della vita pur in una società come questa. Dobbiamo essere capaci di continuare a donare e offrire noi stessi e le nostre testimonianze perché questo sguardo sulla vita resti importante».
Naturalmente questa battaglia vale tanto per la vita nascente quanto per la vita matura: «Se pensiamo al fine vita – spiega - ritengo che sono coloro che vivono la solitudine a pensare eventualmente ad una qualche soluzione del genere. Ma se trovano una relazione con gli altri è inevitabile che acquistino una dignità, una fiducia maggiore data da una serena vicinanza con il prossimo. Se nella relazione si porta poi anche Dio si hanno allora elementi di speranza. La speranza di un amore più grande che non si arrende, non arretra nonostante le difficoltà. E’ una missione questa della vita: una missione che noi laici dobbiamo portare avanti senza stancarci per essere vicini alle famiglie, alle periferie umane che se abbandonate perdono la dote della vita propria».
Il professor Boscia, dunque, conclude con un invito: «La vita che impone dei ritmi estenuanti va rifondata per prendere con slancio tutti i cammini, compresi l’accompagnare e il benedire gli altri con l’intervento della nostra vita. Fermiamo il tempo, cerchiamo di leggere il libro della vita per trovare e dare nuovo vigore alla nostra missione».