Una delle realtà più interessanti che presenzieranno alla Manifestazione “Scegliamo la Vita” del prossimo 20 maggio a Roma è quella dei giovani imprenditori e dirigenti. L’economia di mercato non può avere come unico fine il profitto: prima di ogni altra cosa, c’è la persona e, in questo primato, le persone fragili all’inizio e alla fine della loro vita hanno un’attenzione privilegiata. Romano, classe 1989, Benedetto Delle Site è il presidente nazionale del Movimento Giovani dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (Ucid), associazione privata di fedeli che richiama i propri aderenti, imprenditori e dirigenti d’azienda, alla conoscenza, alla diffusione alla pratica dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa nel mondo economico e finanziario. In vista della Manifestazione per la Vita, Pro Vita & Famiglia lo ha intervistato.
Benedetto Delle Site, con che spirito l’Ucid Giovani sarà presente alla Manifestazione per la Vita del 20 maggio prossimo?
«Anche quest’anno, noi giovani imprenditori e manager cattolici saremo presenti per affermare il principio che la buona economia si fonda sulla vita. È la nuova vita ad assicurare la tenuta del nostro sistema di protezione sociale: senza la nuova vita i consumi subiranno nel tempo un’inevitabile discesa pressoché in ogni settore e le nostre imprese si troveranno presto in uno scenario sfavorevole per qualsiasi tipo di investimento. Per non parlare della possibilità che il nostro ecosistema imprenditoriale continui a rigenerarsi e innovarsi: ciò sarà impossibile senza l’apporto delle nuove generazioni. L’Istat continua di anno in anno a mettere in guardia il nostro Paese dagli effetti del crollo della natalità: con meno di 390mila nascite l’anno, a fronte di oltre 700mila morti annue, l’Italia è avviata verso il dimezzamento e l’invecchiamento complessivo della popolazione. Si tratta di una vera emergenza, la catastrofe demografica è riconosciuta unanimemente da tutti gli studiosi e i numeri parlano chiaro, ma manca la consapevolezza e l’allarme sociale. Auspichiamo che la Manifestazione del 20 maggio prossimo possa essere l’occasione per una presa di coscienza e anche un segnale di speranza: esiste un popolo della vita che non si arrende né alle statistiche né ad una mentalità relativistica che vorrebbe ridurre la vita umana a materia da manipolare senza limiti».
Cosa vuol dire per un giovane imprenditore o dirigente impegnarsi per il diritto alla vita?
«Innanzitutto, bisogna iniziare a farlo in azienda, perché bisogna ammettere che anche noi imprenditori abbiamo le nostre colpe e forse proprio ai giovani spetta un cambio di passo. Ma l’imprenditore, quello vero, è colui che vede più lontano e comprende scenari e bisogni prima di altri: oggi ci rendiamo conto che avere organizzato le nostre imprese senza considerare la persona umana nella sua integralità, considerando tutte le relazioni e la dimensione della famiglia, ha dato origine ad una frattura. Per questo diciamo che il vero imprenditore è colui che, considerando l’azienda una comunità e investendo davvero nel capitale umano, di fronte ad una lavoratrice rimasta incinta, risponde rinnovandole il contratto. Chi fa il contrario merita l’appellativo di speculatore, come ripete papa Francesco. Bisogna però che questi comportamenti non restino atti eroici, l’azienda che sviluppa buone pratiche in questa direzione e che accresce il welfare aziendale sta svolgendo un servizio pubblico e lo Stato deve trasformare in un beneficio quel costo sostenuto dall’impresa».
Su quale aspetto della sacralità della vita, a suo avviso, bisognerebbe lavorare di più in questa fase?
«Purtroppo, la vita umana subisce attacchi micidiali ogni giorno: dalla chiusura verso la nuova vita allo scarto della vita più anziana e fragile. Su questo, bisogna ammettere che il Santo Padre è davvero una pietra di inciampo: nell’esecrare al contempo, e con la stessa insistenza, l’aborto, l’eutanasia, il razzismo, la guerra, papa Francesco ci sta dando una testimonianza straordinaria. Credo che il primo compito, anche da cristiani, sia conservare nella società il valore sacro e inviolabile di ogni vita. Poggiando su questo valore, bisogna fondare una nuova cultura, sociale, politica ed anche economica».
A partire dallo scorso anno, la Marcia per la Vita ha cambiato denominazione in “Manifestazione per la Vita”, diventando un evento sempre più inclusivo e aperto alle realtà associative più disparate: come valuta questa svolta?
«È sicuramente un fatto positivo, perché il valore della vita è e deve essere riconosciuto come un patrimonio di tutti. Un tempo ricordo che questo tipo di manifestazioni avevano un forte connotato politico, poi qualcuno si scandalizzava per il politico che magari non aveva una condotta personale esemplare. Premesso che non sta a noi giudicare le fragilità del nostro prossimo, oggi sicuramente è un fatto positivo che, alla testa di queste iniziative, vi siano famiglie, giovani, movimenti e associazioni, persone che hanno addirittura fatto di questa buona battaglia la missione della loro vita. Credo che, come cristiani, si debba pregare molto per loro e provare ad aiutare come possibile. Compito, invece, dei politici e dei legislatori è rispondere fattivamente a questo grande popolo in marcia, il quale chiede che il diritto alla vita sia rispettato sempre».