I nostri lettori sanno che gli americani sono in attesa della sentenza della Corte Suprema che potrebbe obbligare tutti gli Stati federati a legalizzare il matrimonio gay.
In proposito, è sempre interessante leggere il NYTimes perché ci fa sapere quali sono gli umori che albergano nel cuore dell’impero, umori destinati a filtrare inesorabilmente a livello globale.
A ragguagliare i sudditi su quale sarà la risposta della Corte Suprema sulla questione matrimoni omosessuali è stata Ruth Bader Ginsburg. Il giudice Ginsburg è stata la prima, nel 1993, a far trascrivere sui documenti della Corte la parola “genere” al posto di “sesso”, parola volgare che non piaceva alla sua segretaria che le aveva anche risolto la questione di come poterla modificare in maniera più raffinata ed elegante.
Il termine “genere” dalla Corte Suprema è poi approdato alle Conferenze internazionali dell’ONU e di conseguenza sparso a livello globale. E’ stata sempre Ruth Ginsburg la prima a pronunciare le fatidiche parole: “Vi dichiaro sposati in nome del potere conferitomi dalla Costituzione degli Stati Uniti.” Era il 17 Maggio scorso, nella Anderson House di Washington, e il giudice aveva davanti a sé due uomini che si erano appena scambiati gli anelli, segno di amore e di fedeltà.
Dato che la Corte si esprimerà sull’argomento solo alla fine di giugno l’esternazione della Ginsburg sta a significare che la decisione è stata già presa e lei non ha saputo resistere alla tentazione di dare la lieta novella.
Già nel corso di una precedente audizione al Senato aveva avuto modo di tranquillizzare la popolazione: “Tutti gli incentivi e i benefici che provengono dal matrimonio saranno sempre disponibili. Noi non portiamo via niente alle coppie eterosessuali.”
La collega Sonia Sotomayor, altro giudice progressista, a quel punto era intervenuta in suo sostegno dicendo: “In che modo impedire il matrimonio delle coppie omosessuali accresce il valore dell’altro gruppo?”
E’ l’equivalente della solita frase che in frangenti analoghi viene in utilizzata dai fautori del progresso: “Nessuno vi obbligherà a sposarvi una persona dello stesso sesso, ma voi perché volete impedire a due persone che si amano di coronare il loro sogno d’amore?”
Quindi, il matrimonio omosessuale s’ha da fare. L’Irlanda si è subito adeguata, addirittura con referendum popolare tenutosi il 24 maggio, e il nostro Matteo Renzi ha subito tranquillizzato l’establishment internazionale dicendo che le unioni civili (equiparabili al matrimonio) si faranno anche in Italia entro l’estate.
Bene, allora sappiamo già quale sarà il percorso obbligato per il futuro:
la procreazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali a spese del SSN. Chi oserà discriminare le coppie omosessuali e opporsi al loro desiderio di formare una famiglia e crescere dei figli?
In attesa che la “funzione crei l’organo”, ovvero che l’evoluzione operi sull’organismo in modo che coppie dello stesso sesso divengano adatte alla procreazione, sarà lo Stato a provvedere insieme a qualche donna che risulta essere ancora indispensabile per la gestazione. Segno di grande arretratezza sociale, se delle povere donne sono costrette a sottoporsi alla tortura della gravidanza. Si spera che tutto ciò valga ancora per poco perché in molte parti del mondo si sta sperimentando quell’utero artificiale con cui verranno al mondo le nuove generazioni libere, finalmente, dal peso di dover sopportare madri troppo invadenti e prevaricatrici.
C’è qualcuno là fuori ancora in grado di ragionare e reagire, oppure è già tutto scritto?
La Rosa Bianca