14/08/2018

Medicina ed etica al tempo dei Nazisti. E oggi?

Tempo fa avevamo letto con interesse la newsletter del bioeticista Michael Cook, direttore di Bioedge.org, che ci spiegava quale fosse il codice etico seguito in medicina sotto Hitler.

Eugenetica, sperimentazione sugli esseri umani, sterilizzazioni forzate, eutanasia... Cook cita un articolo pubblicato sugli Annals of Internal Medicine di Florian Bruns e Tessa Chelouche (rispettivamente da Germania e Israele) che spiega come l’etica medica fosse una parte importante del curriculum per gli studenti di medicina tedeschi tra il 1939 e il 1945: in ogni scuola di medicina in Germania si tenevano corsi di perfezionamento in una materia chiamata “Diritto medico e studi professionali” (MLPS).

Rudolf Ramm, un medico generico tedesco, fervente antsemita, divenne il principale esperto di etica medica nazista durante gli anni della guerra. Redattore capo della rivista dell’Associazione medica tedesca, Deutsches Ärzteblatt, ha pubblicato un libro di testo, Ärztliche Rechts-Standeskunde (Diritto medico e salute). Fu processato e fucilato dai sovietici nell’agosto del 1945. Il suo libro fu bandito pochi mesi dopo.

Secondo Bruns e Chelouche, il fulcro dell’etica della medicina nazista era l’ineguale valore degli esseri umani, e quindi l’imperativo morale di preservare la pura razza ariana, il ruolo autoritario del medico, e la priorità della salute pubblica rispetto a quella dei singoli pazienti e alla cura degli stessi.

Ramm riteneva sbagliata qualsiasi forma di assistenza sanitaria per le persone “di valore inferiore” e affermava convintamente che ogni persona nella Germania nazista aveva il dovere morale di rimanere in buona salute: chi si ammalava violando tale dovere perdeva il diritto di essere considerato un individuo di valore.

Con gli autori, Bruns e Chelouche, Cook trae da tutto ciò un’amara lezione per i medici di oggi: gli standard etici non sempre progrediscono, a volte possono regredire.
Nel 1931 il governo di Weimar, per esempio, aveva stabilito linee guida chiare: c’erano limiti etici alla ricerca, era necessaria un’analisi costi-benefici e una sperimentazione animale per minimizzare il rischio per l’uomo; la pubblicazione dei risultati doveva rispettare la dignità umana, e così via.

Quindi la medicina nazista ha regredito, rispetto al codice etico sussistente.

«È importante rendersi conto che un codice etico può essere corrotto e che l’insegnamento  dell’etica in medicina non è di per sé una garanzia dell’integrità morale dei medici. La storia della bioetica rivela che l’ethos professionale dei medici è più fragile di quanto si possa credere perché dipende dallo spirito culturale dell’epoca e dalle circostanze politico-sociali, che sono entrambi soggetti a cambiamenti».

Oggi, osserva Cook, si sta imponendo un estremo individualismo sulla pratica della medicina. L’etica si definisce con un unico parametro: l’autodeterminazione. Finché un paziente agisce “in modo autonomo”, con il consenso informato, tutto passa: dall’aborto, alla chirurgia auto-mutilante, all’eutanasia. Molti oggi dimenticano che l’autonomia è solo una delle dimensioni del benessere umano. È compatibile con la solitudine, l’infelicità, la sofferenza fisica, la crudeltà e il comportamento antisociale...

E, in nome dell’autodeterminazione, ogni tipo di ingiustizia può essere razionalizzata e accettata: gli individui “inferiori”, oggi, sono quelli che non sono in grado di far sentire la propria voce.

Conclude Cook: «In molti casi gli esperti di etica della medicina di oggi, se cercano esempi di ragionamento etico corrotto, non hanno bisogno di Google immagini per cercare una foto di Rudolf Ramm; possono semplicemente farsi un selfie».

Redazione

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