In una società in cui si rivendica tanto l’autodeterminazione della donna, la sua possibilità di scegliere liberamente di dedicarsi sia al lavoro sia alla famiglia, è davvero inaudito che si venga licenziate, non perché si è commesso un errore imperdonabile, ma semplicemente perché si aspetta un bambino. È una situazione che purtroppo accomuna molte donne e che ultimamente è capitata anche a Miss Bolivia Universo, Joyce Prado, appena 22 anni, colpevole di essere rimasta incinta nel periodo del concorso e che per questo ha dovuto rinunciare alla corona.
Nonostante le regole del contratto dell’agenzia per cui lavora e che organizza il concorso di Miss Bolivia non siano pubbliche, tuttavia pare che nei contratti firmati dalla ragazza ci sia una clausola che obbliga la vincitrice del concorso a non sposarsi e a non avere bambini nel periodo in cui detiene il titolo. È incredibile come oggi, in cui si parla tanto del ruolo importante della donna nella società, proprio il suo ruolo di madre che è ciò che di più esclusivo e unico le donne hanno, venga continuamente disprezzato e considerato, in molti casi, come questo, semplicemente una palla al piede, anziché un dono e un arricchimento straordinario. Ma, tuttavia, in barba all’assurda regola del concorso di bellezza, Joyce sta per diventare mamma grazie al fidanzato, anche lui modello, e probabilmente è questo il motivo del distacco con cui vive la perdita del suo titolo. Infatti, in un lungo post su Instagram ha raccontato di essere la donna più felice del mondo «perché la mia vita è piena di amore, perché ho accanto l’uomo dei miei sogni e insieme stiamo iniziando a vivere il periodo più bello della nostra vita».
Il suo unico pensiero, ha dichiarato, è per il bambino che non vede l’ora di tenere fra le braccia e della corona sembra interessarle poco e niente. Mentre i suoi follower, invece, in questi giorni non fanno che attaccare le regole assurde del concorso, non comprendendo perché non debbano lasciarle intatto il suo titolo solo perché aspetta un bambino, come se si trattasse di un assurdo marchio infamante.
Manuela Antonacci