Il gran parlare delle elezioni presidenziali americane e la sconfitta, per molti ancora incredibile, della “Killary” Clinton ha fatto passare in sordina un altro inquietante passo avanti della cultura della morte in USA: la legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis in alcuni Stati federati.
Il Colorado ha legalizzato l’eutanasia sotto forma di suicidio assistito, mentre California, Massachusetts, Maine, Nevada hanno votato per legalizzare l’uso ricreativo di marijuana, così come già da tempo è avvenuto in Washington, Alaska e Oregon.
La proposta di legge sull’eutanasia in Colorado era stata pesantemente criticata per la sua mancanza di garanzie nei confronti dei soggetti che chiedono di morire: devono aver ricevuto una diagnosi che gli concede un’aspettativa di 6 mesi di vita, o meno, e non serve neanche la presenza del medico quando il malato si prende il veleno.
Come è accaduto ovunque l’eutanasia sia stata resa legale, presto le fattispecie si ammorbidiranno e si amplieranno. E alle persone (come è già accaduto in Oregon) si prospetterà la necessità che si tolgano di mezzo per non gravare sulla collettività: le assicurazioni sanitarie hanno molta più convenienza a coprire i costi dell’eutanasia piuttosto che quelli delle cure palliative
Il voto in California, invece, ha aperto il più grande mercato della marijuana commerciale negli Stati Uniti fino ad oggi, valutato circa 7 miliardi di dollari per il primo anno e fino a 22 miliardi entro tre anni.
Del resto la Philip Morris già da tempo ha investito nel settore, organizzando vaste piantagioni di cannabis con principio attivo sempre più alto (quindi sempre più pesante: altro che droga leggera!).
Come al solito le false libertà, le illusioni di emancipazione e progresso proposte dalla cultura della morte, servono sempre a far fare un sacco di soldi a qualcuno. In cambio, le persone “avvantaggiate” da queste “conquiste di civiltà” muoiono di più, muoiono prima e vivono peggio.
Redazione
Fonte: BioEdge
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