L’estensione del “presunto” diritto all’aborto non conosce limiti. E la prova arriva, drammaticamente, dalla Norvegia, dove non solo il limite temporale è stato aumentato dalla 12esima alla 18esima settimana di gravidanza, ma è stato approvato anche per uccidere uno o più gemelli, scegliendo così chi far vivere e chi no nel grembo materno. Ebbene sì, perché il Parlamento del Paese scandivano ha votato per consentire l’interruzione di gravidanza di un feto nel caso di una gravidanza multipla.
In precedenza era permesso abortire tardivamente qualora vi fosse il nulla osta di due diversi medici. In realtà, in Norvegia, gli aborti oltre la 12° settimana sono piuttosto frequenti, al punto da coprire il 5% del totale delle interruzioni di gravidanza. Lo “sforamento” oltretutto è particolarmente tollerato e sono pochissimi i medici che vi si oppongono. «È tempo di una nuova e aggiornata legge sull’aborto che sia più adatta alla società odierna», ha affermato il ministro della Salute norvegese Jan Christian Vestre, del partito laburista, prima del voto in parlamento di martedì scorso, che ha sancito l’approvazione del disegno di legge ad ampia maggioranza, mentre negli anni ’70 – come lo stesso ministro Vestre, non senza compiacimento, ha sottolineato – la legalizzazione dell’aborto era passata con un margine più ridotto.
Riduzione fetale: un abominio nell’abominio
Con questo cambiamento normativo, la Norvegia si pone nel solco di Paesi come il Regno Unito, dove la gravidanza può essere interrotta fino alla 24° settimana, mentre l’Islanda lo consente fino alla 22°. Le vicine Svezia e Danimarca stanno varando ulteriori estensioni dei limiti entro il prossimo anno. Nel caso della Norvegia, tuttavia, l’aspetto più sconcertante – come abbiamo già detto - è un altro: le donne potranno anche disporre la riduzione fetale, ovvero l’aborto selettivo di uno solo dei bambini concepiti o di una parte di essi, in caso di gravidanze gemellari o plurigemellari. Pertanto, se una donna desiderava soltanto un figlio, potrà farlo nascere, facendo uccidere il gemello. Per questa opzione sarà ancora necessario il parere di una commissione composta da medici di sesso femminile e da un avvocato.
Disprezzo per la Vita
Ciò non attenua la gravità del provvedimento legislativo norvegese, che il presidente di Pro Vita & Famiglia, Toni Brandi, ha definito un «vero e proprio omicidio legalizzato, come con coraggio lo chiama sempre più frequentemente lo stesso papa Francesco», ha dichiarato Brandi, in un’intervista a Il Giornale. «L’ideologia abortista sta portando le nostre società a un tale disprezzo della vita e della dignità umana da non permetterci più di guardare con orrore alle più anti-umane pratiche dei regimi totalitari del secolo scorso, perché ciò che tolleriamo oggi sembra ancora peggio».
Politica spaccata
Se da un lato l’ala progressista (socialisti e laburisti) del parlamento norvegese si è schierata compattamente per l’estensione del diritto all’aborto, il partito conservatore ne è uscito spaccato. Seppure, ufficialmente, ogni parlamentare ha avuto libertà di coscienza, non è mancato chi ha ripensato le proprie posizioni pro-life, come l’ottantenne deputato Carl Ivan Hagen, che ora dichiara: «la donna incinta deve essere in grado di decidere da sola e non essere soggetta all’umiliazione di dover chiedere a un comitato il permesso di interrompere la gravidanza». Altri conservatori hanno tenuto il punto, come Bård Hoksrud, che ha votato contro il disegno di legge, affermando che «la considerazione per il feto deve essere elevata». Anche alcuni membri dei cristiano-democratici hanno espresso contrarietà all’accelerazione liberal impressa dal parlamento. Nella società civile, poi, per quanto minoritario, non è mancato il dissenso, con oltre 50mila cittadini che hanno firmato una petizione contro la nuova legge sull’aborto.