01/01/2015

Obiezione fiscale all’ aborto – Pagare per uccidere? No, grazie

Obiezione fiscale all’ aborto : solo con scelte concrete di non collaborazione potremo sperare in un cambiamento di questa società abortista.

Partendo dai nostri soldi. Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

Ormai dal 1993 ho scelto di obiettare alle spese abortive, così come facevo da alcuni anni con quelle militari. Ogni anno non verso una piccola parte delle imposte dirette alle istituzioni perché so che questi soldi saranno usati per uccidere altre persone e questo per me è inaccettabile; verso la cifra obiettata ad associazioni impegnate per la vita e per la pace. Questa scelta è portata avanti anche da altre persone dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII cui appartengo.

Perché questo?

Il tema del finanziamento degli aborti è un tema di cui si parla poco, ma che invece coinvolge fortemente tutti noi. Per ogni aborto le Regioni rimborsano agli ospedali mediamente 1.100 Euro (www.agenas.it/monitoraggio_costi_tariffe/ 2009_SistemiTariffariRicoveri.pdf, pag. 54-55, DRG n° 380, aborto chirurgico in day hospital).

Perciò solo i costi diretti dei 115.981 aborti eseguiti nel solo 2010 assommano a circa 130 milioni di Euro, lo 0,11% della spesa sanitaria complessiva.

Da dove vengono questi soldi?

Dal gettito fiscale delle Regioni: addizionale Irpef, Irap, bollo auto e altre tasse. Dunque le istituzioni pagano gli aborti con i soldi che gli diamo noi. Lo Stato, inoltre, sostiene e c o n o m i c a – mente iniziative che comportano la morte di bambini non nati, ad esempio finanzia programmi europei di ricerca che prevedono la distruzione di embrioni. Questo meccanismo si regge sul fatto che nessuno fa nulla per contestarlo.

Finché nessuno deciderà di togliere il proprio sostegno, disposto anche a pagare di persona, questo finanziamento all’aborto rimarrà sempre in piedi. La donna che abortisce non spende nulla, nemmeno un ticket (a differenza di quanto avviene per quasi tutte le prestazioni mediche e diagnostiche), anche se fosse la donna più ricca d’Italia. Paghiamo tutto noi, al 100%, anche le visite e gli esami prima dell’intervento. La nostra è una collaborazione materiale al male: senza questi soldi gli aborti non avverrebbero. E quindi siamo corresponsabili. Diceva il nostro fondatore don Oreste Benzi: “È un sacrosanto diritto rifiutarsi di finanziare attività contro la vita “. E il teologo don Carlo Rusconi di recente ha affermato: “Se non posso sottrarmi all’obbligo di contribuire all’aborto di stato, cosa che ripugna alla mia coscienza, (…) il sistema fiscale è ingiusto e quindi non sono moralmente tenuto ad adeguarmici, sono invece moralmente tenuto a tentare di oppormi”.

Qualcuno sostiene che sarebbe giusto non pagare una tassa che finanzi esclusivamente gli aborti, mentre è doveroso pagare imposte che vanno a sostenere i diversi servizi forniti dalle istituzioni, anche se tra questi ci sono pure gli aborti.

Ma questo non ha senso: se non è giusto pagare per gli aborti, non è giusto comunque! E del resto uno Stato non istituirà mai una tassa dedicata solo all’aborto: sarebbe bersaglio fin troppo facile di tutti quelli che difendono i diritti dei bambini non nati. Inoltre una ‘tassa per l’aborto’ in Italia non potrebbe esistere, dato che la nostra Costituzione (art. 81) stabilisce il principio dell’unicità di bilancio: le entrate della Pubblica amministrazione sono un ‘tutto unico’, e non possono esistere collegamenti diretti tra una data entrata e una data spesa.

Dunque non c’è scusa: protestiamo tutti scegliendo l’obiezione fiscale senza indugio.

Chi ci sta?

Chi desidera maggiori informazioni o vuole aderire può trovare documentazione e modulistica a questo link.

 

Andrea Mazzi

 Tratto da NotizieProVita n.6 – Giugno 2013 – Pag.21

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