15/10/2013

Omofobia, una guerra fra povere percentuali

La guerra delle cifre funziona sempre: basta spararne a casaccio (e pro domo sua), ripeterle fino allo sfinimento (altrui) e il gioco è fatto. L’ultima in tal senso è capitata al premier inglese Cameron, che ha fatto approvare la legge sulle nozze gay basando il suo convincimento sulle percentuali offerte dalle associazioni Lgbt. Queste sostenevano e sostengono che gli omosessuali inglesi siano il 6% della popolazione, oltre tre milioni. E Cameron ci ha creduto, tanto da spaccare il suo stesso partito (metà dei conservatori gli ha votato contro) e a varare una legge coi voti –caso bizzarro – dell’opposizione. Eh, i politici vogliono voti, solo voti, fortissimamente voti, e per un voto in più venderebbero la mamma, figurarsi per tre milioni.

Solo che questa volta il David britannico e conservatore (ma de che?) si è fatto buggerare alla grande. Secondo una ricerca dell’Office of National Statistics resa nota il 3 ottobre 2013 e riferita da «Tempi», gli omo nel Regno Unito sono solo 545mila, pari all’1,1%. Cameron, accusata la botta, ha ammesso in due riprese di aver commesso un tremendo errore (molti membri del suo partito hanno addirittura sbattuto la porta). Poi, alla Bbc, ha ritrattato come da copione.

Ma il danno è fatto e Cameron non ci ha rimediato una bella figura, anche se ora è costretto a fare buon viso e continuare a inneggiare alla «libertà» di sposalizio oves et boves. La Gran Bretagna ha, come tutti gli stati industrializzati, un suo organismo statistico ufficiale. Cameron avrebbe dovuto rivolgersi preventivamente a questo. O fargli verificare le cifre urlate dai Lgbt.

Avrebbe, insomma, dovuto seguire l’esempio del più furbo Clinton, che in campagna elettorale promise mari e monti ai gay americani. Poi, una volta in carica, si accorse di non poterle più mantenere. Le associazioni gay minacciarono guerra al fedifrago ma lui, prima di prendere la minaccia in seria considerazione, chiese una ricerca statistica alle maggiori università americane.

Domanda: quanti sono, in numeri (e voti) gli omosessuali negli Usa? Il movimento gay aveva addirittura una rivista, «Ten percent», perché da sempre sosteneva che gli omo in America fossero il 10% della popolazione. Quando le cifre –vere- rivelarono a Clinton che alla pretesa gay andava tolto lo zero (cioè, gli omo negli States erano l’1 virgola qualcosa per cento), il presidente democratico si voltò dall’altra parte e continuò a dormire sonni tranquilli. La cifra del «dieci per cento» fu ripresa, paro paro, dallo spagnolo Zapatero di trista memoria e applicato alla popolazione iberica (il cui testimonial più famoso in campo internazionale è, non a caso, il regista Almodòvar).

Ma da dove veniva questo «dieci per cento»? Dagli anni Settanta americani e dal famigerato Rapporto Kinsey, le cui ricerche, però, datavano 1948 e si basavano per oltre un quarto su dichiarazioni di detenuti nelle patrie galere (e questi si erano limitati a dire, tutti, di avere avuto qualche incontro omosex in prigione, un luogo, ahimè, altamente deputato alla promiscuità maschile). Oggi il Rapporto Kinsey è così screditato da non meritare nemmeno menzione. Per quanto riguarda le cifre effettive di omosessuali, poi, esse costituiscono materia scivolosa anche per gli organismi statistici ufficiali. Non tutti gli intervistati, infatti, si producono in aperti outing e le leggi sulla privacy fanno il resto. E se non sono sicure le cifre ufficiali, a maggior ragione sono da prendere con le molle quelle propalate dai Lgbt. L’unica, per questi ultimi, è puntare sulla propaganda, assumere una cifra comoda al loro scopo e trasformarla in slogan.

Così fecero i pannelliani quando, al tempo del referendum sull’aborto, ossessionavano il popolo con le «ventimila» vittime annue dell’aborto clandestino, incuranti del fatto che l’Istituto italiano di Statistica riportava 11.500 donne in età fertile morte ogni anno in Italia in totale, cioè per qualunque causa, dall’ictus all’incidente stradale. Da noi già cifre pirotecniche si incrociano nei cieli parlamentari per la cosiddetta legge sull’omofobia, laddove nei fatti non un solo vero caso concreto si sia ancora verificato.

Vedrete cosa succederà all’ora dell’introduzione del «matrimonio» omo. Prepariamoci a chiedere a nostri parlamentari di fare una telefonata all’Istituto statistico nazionale, per sapere a) quanti sono davvero i gay italiani, b) quanti tra loro vogliono davvero «sposarsi». Se risulterà, come è probabile, che questi ultimi saranno una ventina su una popolazione di sessanta milioni di abitanti, i nostri parlamentari di riferimento dovranno domandare per prima cosa quanto denaro pubblico andrebbe sperperato per accontentare solo una ventina di schiamazzanti.

di Rino Cammilleri

Festini

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