Quando si mettono in discussione la libertà religiosa e la libertà di pensiero, qualunque altra forma di libertà è in grave pericolo. È quello che sta accadendo in Finlandia, dove lunedì scorso si è aperto il processo contro la parlamentare Päivi Räsänen. L’imputata è accusata di omofobia per aver più volte affermato il proprio pensiero sulla famiglia naturale e sull’omosessualità. Lo ha fatto per la prima volta nel 2004 (quando la libertà di opinione sui temi etici non sembrava ancora in discussione), anno in cui ha pubblicato un libro dal titolo Maschio e femmina li creò, in cui Räsänen riaffermava i principi della complementarità di genere, come enunciati in Genesi 1,27.
Päivi Räsänen è infatti uno dei pochi politici del Nord Europa che non si vergogna della propria identità cristiana. Co-imputato nel processo è infatti il vescovo evangelico-luterano Juhana Pohjola, la cui diocesi, 18 anni fa, commissionò a Räsänen la stesura del saggio menzionato. 62 anni, medico, madre di sette figli e nonna di cinque nipoti, Päivi Räsänen è attualmente capogruppo del Suomen Kristillisdemokraatit (Partito Cristiano Democratico) al Parlamento finlandese, dove è stata eletta per la prima volta nel 1995. Dal 2011 al 2015, ha ricoperto la carica di ministro dell’Interno.
Räsänen è diventata un personaggio particolarmente scomodo soprattutto a partire dal 2019, anno in cui ha diffuso un tweet in cui citava il celebre passo della lettera ai Romani in cui San Paolo condanna l’omosessualità (cfr Rom 1,24-27). Le sue convinzioni sulla famiglia naturale e sull’immoralità dell’omosessualità le ha ribadite anche in un’intervista radiofonica. Il tweet, l’intervista e il libro sono dunque i tre capi d’accusa contro la parlamentare finlandese, colpevole, a detta del pubblico ministero di aver definito gli omosessuali come «inferiori» e di aver offeso la dignità di questa minoranza. Räsänen si è difesa, dicendo di non avere nulla contro gli omosessuali, definendoli «creature di Dio» e di aver semplicemente riaffermato l’etica cristiana di sempre, sostenuta anche dalla Chiesa luterana finlandese.
Il processo riprenderà il prossimo 14 febbraio ed entro la metà di marzo si dovrebbe arrivare a una sentenza. Ai sensi della legge finlandese sull’omofobia, l’ex ministro rischierebbe fino a due anni di carcere. Il pubblico ministero ha chiesto per lei una pena pecuniaria di 13mila euro che, comunque, rappresenterebbe un grave precedente, specie nel caso in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dovesse respingere un eventuale ricorso.
Päivi Räsänen non è un politico cristiano propenso ai compromessi. «La Bibbia per me è una questione di vita o di morte», ha dichiarato l’ex ministro durante il processo. Non è la prima volta che, in Europa, un cittadino viene messo sotto accusa per omofobia. Aveva suscitato scalpore, lo scorso aprile, l’arresto nella pubblica piazza del pastore londinese John Sherwood, colpevole anch’egli di aver citato il contestato passo della Genesi. È la prima volta, tuttavia, che un politico viene processato per aver messo in discussione il “sacro verbo laico” dell’ideologia gender. Ciò rappresenta, anche da un punto di vista simbolico, un grave vulnus nel confronto democratico, con una lobby lgbt sempre più prepotente e in grado di orientare le agende dei parlamenti.
Il caso Räsänen è stato sollevato, tra gli altri, da CitizenGO, la cui petizione in favore della parlamentare finlandese è stata indirizzata alla Procura di Helsinki, dopo aver ottenuto oltre 300mila sottoscrizioni. Nella giornata di lunedì, all’apertura del processo, numerosi sit-in si sono tenuti presso le ambasciate finlandesi in tutta Europa. La vicenda di Päivi Räsänen suscita «paura e sconcerto» e rappresenta un «attacco ai diritti fondamentali della libertà d’opinione e della libertà religiosa», ha dichiarato Matteo Fraioli, direttore delle campagne di CitizenGO Italia, durante la manifestazione a Roma. Presenti al sit-in anche l’europarlamentare Simona Baldassarre (Lega), che ha annunciato un’interrogazione alla Commissione Europea sul caso Räsänen, e il senatore Simone Pillon (Lega), che ha ricordato ciò che avremmo rischiato in Italia, se fosse stato approvato il ddl Zan. Un rischio che Päivi Räsänen non ha potuto evitare, in forza della cultura ormai post-cristiana che anima le leggi del suo paese. Onore al merito di questa donna, dunque, e della sua battaglia in direzione ostinata e contraria, combattuta nella quasi totale solitudine.