La grande emergenza omofobica? I primi a smentirla sono proprio le associazioni LGBT+, anche se non lo ammetteranno mai in modo esplicito. Non è uno scherzo: basta cliccare su Omofobia.org e la verità salterà anche agli occhi dei più increduli. Il sito ha riportato i dati Istat relativi agli ultimi otto anni, compreso il primo quadrimestre del 2021. Sebbene abbiano visto un’ascesa degli “atti omofobici” nella loro totalità, i numeri, anche nell’anno apicale, il 2019, sono sempre risultati quantomai bassi.
L’ISTAT ha classificato gli atti aggressivi e/o discriminatori in sei categorie: aggressioni singole; aggressioni plurime (rivolte cioè a gruppi di persone); omicidi; suicidi; tentati suicidi; atti non aggressivi (allontanamenti da casa, da scuola, dal lavoro, da un locale pubblico, diffamazione ecc.). Quanto alle aggressioni singole, si va da un minimo di 30 nel 2017 a un massimo di 56 nell’anno successivo. Gli atti non aggressivi vanno da un minimo di 11 nel 2013 a un massimo di 92 nel 2019. Davvero esigui gli omicidi, mai andati oltre le dita di una mano: si va un massimo di 5 nel 2016 e nel 2020 a un minimo di 1 nel 2019.
Omofobia.org lo ammette: anche se «le vittime sembrano aumentare», è giusto precisare che «aumentano gli episodi denunciati». L’interpretazione diventa poi faziosa: «Aumenta cioè l’odio ma anche e soprattutto il coraggio di dichiarare i torti subiti, anche se è difficile. Questa considerazione sembra corretta dal momento che la tipologia che aumenta di più è quella degli atti non fisici, che è la più difficile da denunciare perché non lascia segni visibili e inequivocabili». Altra ermeneutica tutta da dimostrare: «Un picco notevolissimo nel luglio 2018, coincidente con l’ascesa della Lega al governo e un identico precipizio nel settembre 2019, coincidente con la caduta dello stesso Governo».
Il vero punto, però, è un altro: bastano 50 aggressioni l’anno per gridare all’emergenza omofobia? Senza trascurare un altro fatto: non abbiamo alcuna certezza che l’aumento delle denunce corrisponda necessariamente a un aumento del sentimento omofobico. Non è tutto: come abbiamo già evidenziato in un precedente servizio, in genere si tratta di vere e proprie montature oppure di manipolazioni. O ancora, abbiamo a che fare, sì, con aggressioni contro omosessuali o transessuali ma il movente non ha nulla a che vedere con l’omotransfobia. Se poi il numero di denunce è così tanto cresciuto negli ultimi dieci anni, la ragione, più che sulla consapevolizzazione in merito alla presunta piaga sociale, potrebbe essere individuata nella propaganda lgbt+ che, fino a prova contraria, negli ultimi dieci anni è cresciuta esponenzialmente.
Se i fattori pocanzi menzionati sono tutt’altro che da trascurare e meritano tutti un opportuno approfondimento, non va dimenticata la vera stella polare dell’intero dibattito sull’omofobia: neanche se, per assurdo, i casi di aggressione o discriminazione decuplicassero nell’arco di un mese, ciò costituirebbe una buona ragione per approvare il ddl Zan, né alcuna legge anti-omofobia analoga. Le leggi atte a punire un delitto di qualunque natura contro un omosessuale o un transessuale già ci sono e non risulta siano mai rimaste inapplicate. Non ci risulta che nessun crimine ai danni di persone lgbt sia mai stato punito in modo più indulgente rispetto agli eterosessuali. A meno che non si voglia fare di omosessuali e transessuali dei cittadini privilegiati: cosa che nessuno dei sostenitori del ddl Zan ha mai confermato ma – se è per questo – nemmeno smentito.