Scorrere le nuove linee guida dell’Oms sulle leggi anti-aborto è un vero atto di coraggio. Il contenuto e il fine di tali indicazioni, infatti, è a dir poco agghiacciante. C’è infatti l’esplicita pretesa, da parte dell’OMS nei confronti dei Paesi membri, di spingere e fare pressioni per l’abrogazione delle leggi troppo restrittive sull’aborto, che fissano quindi dei limiti entro i quali poter eseguire l’interruzione di gravidanza
Indicazioni che riguardano, inoltre, «donne, ragazze o altre persone incinte» e qui dunque esce fuori non solo l’agenda abortista ma anche quella gender-fluid. La competenza in materia, ovviamente, spetta ai governi dei singoli Stati, ma ciò non lascia ugualmente tranquilli, se si arriva anche solo a credere possibile l’abrogazione di certi limiti, come ad esempio l’opzione di poter abortire fino al nono mese di gravidanza. Una preoccupazione, la nostra, acuita dalle altrettanto assurde motivazioni portate avanti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha infatti dichiarato come i limiti posti all’aborto siano «incompatibili con il rispetto dei diritti umani».
Ma non è finita, perché non c’è pace neanche per medici poiché – citiamo letteralmente il documento - «se si dimostra impossibile regolare l’obiezione di coscienza in un modo che rispetti, protegga e compia i diritti di chi cerca di abortire, l’obiezione di coscienza nella fornitura di aborti può diventare indifendibile». Dunque, più aborto per tutti e per i motivi più disparati, bypassando, anche, incredibile ma vero, il parere e la coscienza di un medico, permettendo ad esempio il cosiddetto “aborto per posta”, ovvero con le pillole abortive semplicemente spedite senza un previo e accurato consulto, con le conseguenze sulla salute fisica e psichica delle donne che ben sappiamo.
Siamo dunque davanti all’imposizione di una spietata mentalità abortista ai danni delle donne e dei bambini e l’aspetto più amaro è che nell’espressione ricorrente e paradossale che ritorna nel documento, ovvero “diritti umani”, non rientrano affatto i diritti umani dei bambini uccisi.
Tutto questo sotto l’egida di una rosa di “esperti” che ha collaborato alla stesura del documento. Ulteriore dettaglio che smaschera la mancanza di imparzialità degli esperti chiamati in causa. Scorrendo le sigle, infatti, troviamo nomi come Planned Parenthood Federation; Marie Stopes International, praticamente il corrispettivo di Planned Parenthood in Inghilterra; Christina Zampas, ovvero responsabile per l’Onu della multinazionale abortista Center for Reproductive Rights di Ginevra. Ovviamente di enti o personaggi che sostengano un pensiero opposto o quantomeno più “moderato” in merito, neanche l’ombra.