Coppia in tribunale per lite sul cambiamento di sesso della figlia adolescente. Sembra una delle tante notizie “lontane” dalla nostra quotidianità, e invece succede proprio in Italia. Siamo a Lucca, dove accade che una minorenne sostenga di essere nata nel corpo sbagliato. Ne parla con i genitori, che sulla questione prendono due posizioni antitetiche: la madre è pronta ad assecondare il sentore della figlia, il padre no. Il contrasto tra i due genitori, come detto, si inasprisce a tal punto da finire davanti allo scranno di un giudice.
Motivo del contendere è l’autorizzazione a che la ragazza, ai tempi quindicenne – ora 17 anni - iniziasse ad assumere Triptorelina, il famigerato bloccante della pubertà, cioè cominciasse il tanto sospirato processo di transizione del genere. Il padre si oppone probabilmente per svariati motivi, ma quello che finisce per fare notizia è soprattutto la sua paura che il farmaco, alla lunga, possa arrecare danni a sua figlia. Senza contare che il processo si è concluso qualche giorno fa, con l’adolescente che ha raggiunto la soglia dei 17 anni, ed è praticamente quasi fuori – almeno così dice la scienza – dalla pubertà, che appunto nelle ragazze finisce intorno al 15-17 anni. Nonostante ciò, il giudice ha emesso la sua sentenza: si proceda con il farmaco.
Per maturare la sua decisione, il magistrato si è rivolto ad alcuni esperti esterni, naturalmente, ed è andato a pescarli all’ospedale Careggi, uno di quelli in pole-position in Italia sui processi di transizione di genere, che hanno dato il via libera alla triptorelina, come elemento irrinunciabile di un trattamento valutato «idoneo per il percorso intrapreso dal minore», dopo un approfondimento svolto in poche settimane da uno psicologo e da un endocrinologo. Peccato che la legge in merito imponga di sentire una équipe multidisciplinare e che il Careggi abbia dichiarato che le sue valutazioni dei casi durano un anno. E non l’ha dichiarato ai giornali o su Facebook, ma in risposta a interpellanze parlamentari che volevano vedere chiaro in questo genere di prassi. E che evidentemente tanto chiaro continuano a non vedere, visto che di recente il Ministero della Salute ha ritenuto di inviare al Careggi i propri ispettori.
In attesa dell’esito delle ispezioni, rimane una ragazzina la cui disforia di genere è stata valutata, a quanto pare, non in conformità con le norme di legge e – a quanto pare – senza una figura necessaria come un neuropsichiatra infantile – e rimane anche la somministrazione di un farmaco inutile se non dannoso, come appunto la triptorelina, vista l’età della ragazza.
Rimane, infine, quello che forse è l’aspetto più nuovo e doloroso in questo tipo di vicende: c’era la possibilità per il padre di ricorrere in appello, ma non l’ha potuto fare perché non può permetterselo economicamente. E così, a corollario dell’ennesimo pasticciaccio arcobaleno con contorno di interessi economici di settori deviati della sanità e della farmaceutica, si ha la deprimente immagine di un paese dove la Giustizia è un lusso per pochi, nonché quella devastante di un padre rimasto disarmato nella missione che più di tutte qualifica la genitorialità: proteggere i propri figli dal mondo, da se stessi e spesso anche da certi tipi di madri. Si ritenga comunque fortunato: ci sono paesi in occidente (Gran Bretagna e Canada, ad esempio) dove il suo “no” alla transizione della figlia l’avrebbe portato dritto in carcere.