Tra le personalità ecclesiastiche che parteciperanno al XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (Verona, 29-31 marzo 2019), figura Sua Beatitudine Ignace Joseph III Younan, patriarca di Antiochia dei Siri. A colloquio con Pro Vita, il rappresentante della Chiesa Orientale ha descritto una realtà locale tuttora fortemente ancorata ai valori della famiglia e sostanzialmente impermeabile alle aggressioni ideologiche. Nel dramma della guerra in Iraq e in Siria (il Patriarcato di Antiochia dei Siri copre un territorio molto vasto che sconfina in Israele e in Turchia), le famiglie, pur lacerate, si sono rivelate un elemento di coesione sociale e di solidarietà. Tutte testimonianze che potranno risultare di grande interesse per il pubblico del Congresso di Verona.
La Siria e l’Iraq stanno uscendo con molta fatica dal più sanguinoso conflitto di questo inizio secolo: quali problematiche affrontano le famiglie nel suo Paese?
«Come all’indomani di ogni conflitto orrendo, le famiglie in Siria ed Iraq, affrontano molte sfide e pericoli: la perdita dei membri, le case distrutte, lo sradicamento dalla terra degli antenati e l’esodo forzato. Sono di particolare evidenza i gravi danni che le famiglie subiscono: molte di loro sono lacerate a causa della separazione dei loro membri, coniugi e figli in particolare».
Lei sarà uno dei rappresentanti ecclesiali del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie per la prima volta in Italia, a Verona: quali temi tratterà nella sua relazione?
«La mia relazione avrà come titolo La famiglia cristiana oggi: sfide e minacce. Sottolineerò le fondamenta sulle quali la famiglia cristiana è basata: diritto naturale, Rivelazione ed etica multisecolare e multi-comunitaria. Menzionerò alcune difficoltà che la famiglia attraversa al suo interno, nonché le minacce che subisce dall’esterno».
Come molti pastori delle chiese orientali, lei è impegnato nel dialogo ecumenico e interreligioso: la famiglia può diventare un fattore di unione tra le comunità religiose?
«È vero che le tribolazioni in un Paese riavvicinano i cittadini in uno spirito di solidarietà, compassione e unità davanti al pericolo. Le famiglie cattoliche in Siria e in Iraq hanno testimoniato la loro fede nel vivere la carità e l’apertura alle altre famiglie dello stesso villaggio o quartiere, sia a livello ecumenico tra cristiani di varie tradizioni ecclesiali, sia in ambito interreligioso, in particolarmente con i concittadini musulmani e yazidi. Aver vissuto insieme nella sofferenza e nello sradicamento per noi cristiani è stato una testimonianza della nostra fede in Gesù Cristo, che ci ha insegnato la non discriminazione tra le persone a qualsiasi religione o razza appartengono».
In Siria e in Medio Oriente, i fedeli di altre confessioni quanto condividono la concezione di famiglia dei cattolici?
«Tutti i cristiani del Medio Oriente condividono la stessa concezione della famiglia in quanto basata sul matrimonio tra uomo e donna: un sacramento d’amore in cui la grazia unisce e dà sostegno ai membri della famiglia».
Quanto sono presenti nei Paesi mediorientali le colonizzazioni ideologiche? Ci sono Paesi in cui si è tentato di introdurre l’aborto, l’eutanasia, il matrimonio omosessuale o dove si pratica più o meno abusivamente la maternità surrogata (molto diffusa in India)?
«Per i cristiani delle Chiese Orientali, la famiglia è considerata ed è rimasta un’unione sacramentale tra un uomo e una donna, in cui l’amore è orientato alla procreazione come voluto da Dio creatore. In Medio Oriente non si permettono né l’aborto, né l’eutanasia né le pratiche omosessuali. Anche la maternità surrogata è sconosciuta. È invece diffusa la fecondazione in vitro ‘omologa’. Questo è dovuto in particolare al senso tradizionale della parentela e della volontà dei coniugi di procreare i propri figli».
Luca Marcolivio