Le ‘droghe leggere’, in realtà, non esistono. O meglio. Sono pur sempre droghe, sempre pericolose e dannose. Quello della ‘cannabis light’, infatti, è un altro falso mito duro a morire, sebbene siano numerosi gli studi che attestino ormai l’esatto contrario. La sua elaborazione è soltanto funzionale ad alimentare un business legato al traffico di sostanze stupefacenti che vanta lauti proventi, ma a pagarne le tragiche ricadute sulla salute psicofisica sono soprattutto adolescenti e giovani.
Di qui il governo, grazie a un emendamento al ddl sicurezza che sarà a breve oggetto di discussione nelle commissioni Affari Costituzionale e Giustizia della Camera, propone relativamente al loro consumo il divieto per quanto concerne l’«importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.) coltivata ai sensi del comma 1, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati». In questo modo anche la cannabis sedicente ‘light’ (perché con quantitativo di Thc inferiore allo 0,2%), che viene ormai regolarmente venduta nei negozi dedicati, sarebbe di fatto sostanzialmente assimilata alla cannabis regolare, la quale è già compresa tra le sostanze stupefacenti nel relativo Testo Unico.
E in effetti, al di là del più basso quantitativo di Thc, anche la cannabis ‘light’ crea dipendenza. «La cannabis interferisce e modifica la normale maturazione cerebrale degli adolescenti, modifica la loro personalità e la loro capacità decisionale»; causa deficit di attenzione e difficoltà di concentrazione; altera la percezione della realtà; riduce pesantemente la capacità di autocontrollo, i tempi di reazione e la stima del pericolo, la motivazione a impegnarsi e affrontare i problemi, il rendimento scolastico e lavorativo; altera il coordinamento psicomotorio; crea patologie respiratorie e disturbi sessuali; implementa le condizioni di rischio per la salute mentale (schizofrenia e stati dissociativi, disorientamento spazio-temporale, ansia generalizzata e somatizzata, disforia, attacchi di panico), come osserva il Dipartimento per le politiche antidroga. E, come se non bastasse, tra le altre drammatiche conseguenze favorisce in specie nelle persone vulnerabili il rischio di evolvere verso la tossicodipendenza da cocaina o eroina; fa aumentare la probabilità di commettere violenze e atti criminali; crea alterazioni genetiche sul DNA e altera il normale sviluppo neurologico del feto nelle madri assuntrici.
Eppure, nonostante queste siano solo alcune le principali evidenze scientifiche delle conseguenze del consumo della canapa a qualsiasi livello e dei suoi derivati, c’è chi tra le fila dell’opposizione manifesta il proprio disappunto all’emendamento, in quanto ciò alimenterebbe soltanto il mercato illegale e farebbe perdere introiti significativi alle casse dello Stato che al contrario una legalizzazione consentirebbe. Non una parola sui dati statistici in crescita dell’effettivo consumo di cannabis tra i giovanissimi, né tanto meno sui devastanti effetti sulla salute psicofisica, come invece approfondisce e documenta ampiamente il recente studio per la “Biblioteca di Pro Vita e Famiglia” a cura di Lorenza Perfori Droghe “leggere”?