Ci sono alcune parole che, nell’immaginario collettivo, fanno rima con Natale, come regali, casa, famiglia e cartoni animati. Non è un automatismo, ma quasi. Devono aver fatto questa valutazione anche numerose case di produzione di contenuti per bambini che, in queste settimane, si sono letteralmente scatenate per asservire al politicamente corretto proprio loro, i cartoni animati
Sulla prima pagina del Foglio del 22 dicembre, il bravissimo Giulio Meotti ha realizzato una panoramica della situazione. Il risultato è impressionante. Si va dalla Warner Bros, che ha deciso che il terzo episodio della saga di Animali fantastici non deve dare visibilità al nome dell'autrice - J.K. Rowling, che nei due film precedenti era a caratteri cubitali - a Disney+, che incredibilmente qualifica alcuni classici come Lilli e il vagabondo, Peter Pan e Gli Aristogatti come opere per visualizzare le quali occorre un account «da adulto».
Non va meglio, purtroppo, con Amazon Prime che, sottolinea Meotti, ha pronta una nuova Cenerentola, fra fatine afroamericane genderless («la magia non ha sesso») eroine ambientaliste e principi azzurri che si liberano del patriarcato. Si parla persino, tra le novità in vista nel mondo dei cartoon, di un nuovo Pinocchio in stile politicamente corretto. Insomma, l’indottrinamento è destinato a continuare come, anzi più di prima. L’impiego di questo verbo – continuare – non è casuale ma obbligato.
Sì, perché sono anni, ormai, che il mondo dei prodotti per bambini funge da camera di risonanza alla cultura dominante e dei cosiddetti «nuovi diritti». Sì ricorderà, in proposto, cosa accadde nel 2019 nel corso di una puntata di Arthur, celebre cartone animato americano trasmesso dalla rete pubblica Pbs, con picchi di 10 milioni di ascolti: andò in onda il primo matrimonio gay in un cartoon.
Ma neppure quella puntata di Arthur, a ben vedere, è stata una novità assoluta dato che contenuti inadatti ai bambini purtroppo, nei cartoon, si registrano da oltre 20 anni. Basti pensare a quanto accadde nel 1999, quando la Walt Disney Company annunciò ufficialmente di aver ritirato 3,4 milioni di copie della videocassetta di Le avventure di Bianca e Bernie a causa di alcuni fotogrammi in cui, da un momento all'altro, compariva una donna in topless.
Il dato più sconvolgente però è un altro, e cioè l'atteggiamento che le emittenti e casi produttrici oggi hanno nei confronti di contenuti ideologici che non solo propongono ai telespettatori, ma addirittura rivendicano di proporre. Quando, per esempio, nell’agosto dello scorso anno la Bbc è finita al centro di una polemica per The Next Step, serie nei palinsesti di CBBC - canale televisivo britannico di proprietà della BBC, dedicato a bambini tra i 6 e i 12 anni –, che ha presentato un bacio lesbico, la reazione dell’emittente britannica è stata spiazzante.
Quella volta la Bbc ha infatti deciso di difendere con le unghie e con i denti i contenuti di The Next Step, sostenendo che quel bacio saffico era importante perché «ha mostrato ai bambini “che possono essere ciò che vogliono essere”». «Questa», è stato poi aggiunto dalla BBC, «è una parte importante della nostra missione per assicurarci che ogni bambino si senta incluso, che sia al sicuro e che possa essere chi vuole essere».
Come dire: cari critici, non rompeteci le scatole e lasciateci fare il nostro lavoro. Tutto questo per dire ed evidenziare come gli aggiustamenti ideologici dei cartoni animati denunciati da Meotti non siano purtroppo un caso, proprio per niente. Anzi, rischiano d’essere solo un assaggio, l’antipasto di quello che rischia di aspettarci per i prossimi anni.