La vita di Isaiah Haastrup non è degna di essere vissuta, il piccolo deve essere ucciso. In Gran Bretagna, nel 2018, l’eugenetica omicida pare essere diventata la prassi.
Riepiloghiamo la storia di Isaiah (si veda anche qui e qui). Scrivevamo: «Il piccolo Isaiah è un bambino di soli otto mesi [ora 11, ndR] con una grave paralisi cerebrale, che attualmente non è in grado di respirare autonomamente. È ricoverato al King’s College Hospital, in Gran Bretagna. La sua condizione è dovuta, come risulta da una indagine interna, a problemi medici avvenuti durante il parto che ha messo in pericolo anche la vita di sua madre. Ora i medici ritengono che per Isaiah non resti altro da fare che interrompere la respirazione artificiale, e morire. I genitori non sono d’accordo».
Nel novembre del 2017 è iniziato il processo, che ha portato a vietare al papà di Isaiah di andare a visitare il figlio in ospedale, in conseguenza a un diverbio tra l’uomo e il personale sanitario. Sono passati intanto i mesi e il processo è andato avanti. Infine ieri – 29 gennaio – Justice MacDonald, giudice dell’Alta Corte, ha sentenziato: «I am satisfied that it is not in his best interests for life-sustaining medical treatment to be continued». In nome del famigerato “best interests” nel nome del quale è stato ucciso il piccolo Charlie, un altro bambino viene condannato a morte.
Il tutto senza che i genitori possano dire la loro sulla vita del figlio che hanno concepito, che hanno amato, che hanno visto nascere e assistito per quasi un anno. Il loro bambino non è più “loro”, è dell’ospedale dove è in cura...
Naturalmente, come già per Charlie, l’opinione pubblica si divide e il dibattito è aspro. Anche perché, secondo quanto dichiarato dai medici stessi, il piccolo Isaiah ha un minimo livello di coscienza e la mamma sostiene che quando gli parla il figlio le risponde aprendo un pochino un occhio. Il fatto di decidere che le sue condizioni non possono migliorare e che la qualità della sua vita è insostenibile è dunque totalmente arbitrario. Ma ormai è chiaro: si sta imponendo sempre più un’eugenetica di Stato.
Sono passati pochi mesi da quando, il 28 luglio 2017, il piccolo Charlie Gard è stato giustiziato: ora un’altra anima innocente è stata condannata a morte. E, oltre a Isaiah, in Francia anche la vita di Ines – 14 anni – è legata all’esito di una sentenza e non possiamo dimenticare neanche il piccolo Alfie Evans a Liverpool.
Ormai la nostra umanità è stata sostituita dalla giurisprudenza e tutti noi, se non agiamo e ci impegnano per la vita, siamo dei boia anche noi.
#LifeForIsaiah e #SaveIsaiahHaastrup sono gli hashtag della campagna lanciata in difesa di Isaiah.
Redazione
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto