Da alcuni giorni le agenzie e i media del globo parlano, con toni accesi, e spesso piuttosto critici, dell’imprenditore americano Elon Musk, il notissimo fondatore di Tesla, SpaceX e di PayPal. E non solo perché, secondo Forbes, «al 25 aprile 2022, con un patrimonio stimato di 264,6 miliardi di dollari, risulta essere la persona più ricca del mondo».
Ma soprattutto ne parlano per l’ultima acquisizione messa a segno dal magnate di origine sudafricana. Ovvero Twitter, uno dei social network più diffusi e usati, tanto da fare concorrenza ai giganti di Zuckerberg, ovvero Facebook e Instagram.
Elon Musk però, senza con ciò voler difendere in toto una figura comunque discussa e discutibile, a differenza di molte altre personalità del mondo della comunicazione, ha sempre difeso la libertà di pensiero, di stampa e di parola. Facendosi notare anche per alcune sue idee, certamente controverse, ma comunque libere e controcorrente.
Per esempio ha difeso la natalità come risposta al declino demografico e ha criticato apertamente l'ideologia woke, definita come «divisiva, escludente e odiosa». Un’ideologia che, secondo Musk, offrirebbe «alle persone cattive uno scudo per essere meschine e crudeli, mascherate dietro una falsa virtù».
A tal proposito ha collegato il calo di abbonamenti registrato da Netflix alla stessa ideologia, che sarebbe una forma della Cancel culture, la cultura dell’azzeramento delle radici e ripetutamente si è proclamato come un «assolutista della libertà», contrario quindi alle censure politicamente corrette che abbondano sul web e lo inquinano. E che sono qualcosa di ben diverso dalla legittimazione dell’insulto, dell’odio o dalla diffusione delle fake news.
Come ricordano i pro life americani, Twitter, assieme a Facebook e Youtube, ha oscurato più volte – e senza alcuna ragione plausibile – coloro che nell’etere difendono la vita (dal concepimento alla morte naturale), la pace, la procreazione e la famiglia tradizionale.
Musk invece, proprio in un Tweet, ha dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento di una democrazia che funzioni», nutrendo la speranza che «anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola».
Tra le migliaia di account soppressi in passato da Twitter, in nome verosimilmente della sottomissione al politicamente corretto, figura per esempio l’account del magnifico film Unplanned, che racconta la storia di una militante abortista, già direttrice di una clinica della Planned Parenthood, diventata poi una fervida attivista per la difesa della vita umana innocente.
Stupisce quindi, anche se non del tutto, il fatto che in una società che ha fatto del “vietato vietare” uno dei suoi idoli, ora, tutt’a un tratto, l’accesso dell’iper libertario Musk ad una delle piattaforme del dialogo, della comunicazione e del confronto, venga vista con timore e tremore da alcuni osservatori, ideologici e un pochino oscurantisti.