Cosa non va nel ddl Zan-Scalfarotto? Nonostante il dibattito sull’argomento sia in corso ormai da settimane, è possibile che a qualcuno non siano ancora chiare le pesantissime criticità di questa iniziativa legislativa; di qui l’opportunità, prima di formulare un giudizio finale sul provvedimento, di ripercorrerne le ombre e le anomalie. Anomalie che, a ben vedere, originano sin dalla ragione di fondo di questo ddl, consistente nel tentativo di meglio tutelare le persone Lgbt, bersaglio di aggressioni e discriminazioni. Peccato che, dati alla mano, tali atti di violenza – oltre ad essere già ampiamente sanzionati dal nostro ordinamento – risultino essere contenuti, anzi rari.
Tanto che l’Oscad, osservatorio attivo presso il Viminale, negli ultimi otto anni di cui ha i dati, cioè da quando esiste, ha riscontrato 197 «segnalazioni» di casi di discriminazione per «orientamento sessuale» e 15 di casi per «identità di genere». Sempre troppi casi, per carità, ma – ammesso e non concesso che ogni «segnalazione» sia veritiera – parliamo di poche decine di casi l’anno. Molte di più, per dire, sono le discriminazioni a danno della categoria dei disabili o degli obesi.
Il fatto che gli atti di violenza a danno delle persone Lgbt siano pochi – fortunatamente, beninteso – è determinato dal complessivo clima di tolleranza che, non da oggi, caratterizza il nostro Paese. Ne dà conto la ricerca sui crimini d’odio dall’agenzia FRA dell’Ue, secondo cui gli Lgbt che, in Italia, affermano di aver subìto violenza dal 2014 al 2019 ammontano all’8%: una quota uguale a quella registrata nella civile Danimarca, più bassa della media europea (11%) e molto più contenuta di quella di Germania (13%) e Francia (14%). Dunque, nella migliore delle ipotesi il ddl Zan-Scalfarotto è inutile e ingiustificato.
Ma non finisce qui. Tale legge, se sventuratamente venisse approvata, sarebbe anche liberticida. Perché? Semplice: perché sarebbe in pieno conflitto con il principio costituzionale di determinatezza della disposizione penale nella misura in cui – senza definirli - andrebbe ad introdurre concetti controversi e fumosi come le «discriminazioni» basate sulle nozioni di «genere» e «identità di genere». In altre parole, il ddl Zan, se da un lato nulla aggiunge alle tutele alle persone con tendenze omosessuali, dall’altro – assegnando ai tribunali la libertà di definire il concetto di «discriminazione» basata sull’«identità di genere» - sottrae a tutti gli altri una facoltà fondamentale in uno Stato di diritto: quella di conoscere prima – e non dopo, magari dopo un rinvio a giudizio o dopo un processo – quali condotte siano da evitare per evitare di incorrere nel penale.
Sfortunatamente, le insidie di questa norma non finiscono qui. Un terzo livello critico del ddl – dopo l’inutilità e la sua portata liberticida – consiste nell’indottrinamento gender nelle scuole, che ha negli articoli 5 e 6 chiari riscontri, laddove da un lato si parla dell’istituzione di una Giornata nazionale contro l’omofobia da celebrarsi soprattutto in ambito scolastico e, dall’altra si richiama una non meglio precisata strategia nazionale contro le discriminazioni. Dopo il buon senso e la libertà, insomma, con il ddl Zan verrebbe calpestato anche il primato educativo della famiglia, la cellula fondamentale della società.
Ecco, con questo richiamo alla famiglia possiamo ora passare ad un giudizio complessivo del ddl Zan che – alla luce di quanto detto – può essere considerato un progetto legislativo non semplicemente cattivo, ma proprio pessimo. Esso, infatti, concorre a infliggere un colpo morale alla famiglia. Lo si può affermare considerando il clima intimidatorio che, in conseguenza di questo ddl, verrebbe ad instaurarsi, con i pro family che si troverebbero ad agire con la spada di Damocle della minaccia penale, nell’impossibilità pertanto di promuovere una cultura della famiglia degna di questo nome.
O forse si può parlare di cultura della famiglia senza richiamare una cultura del matrimonio basato sulla «transfobica» differenza sessuale tra uomo e donna? E una cultura della famiglia senza un «omofobico» richiamo al diritto di ogni bambino ad avere un padre ed una madre: come sarebbe possibile? Non lo sarebbe, semplicemente. Ne consegue come l’urgenza di contrastare il ddl Zan-Scalfarotto non derivi da ragioni particolari o care solamente al mondo cattolico, come magari potrebbe sembrare. No: l’urgenza di fermare questa legge deriva dalla necessità di salvaguardare la libertà, i diritti fondamentali dei bambini e quella cultura della famiglia rimossa la quale la civiltà occidentale, come ogni civiltà, è destinata ad inabissarsi.