Il 10 aprile scorso in Perù si sono svolte le elezioni politiche. I temi della vita e della famiglia sono stati al centro del dibattito pubblico. E lo saranno evidentemente anche in vista del ballottaggio di giugno.
Proprio per l’occasione, la piattaforma Decidamos, che raccoglie otto associazioni pro-vita e pro-famiglia, tra cui gli organizzatori della Marcha por la Vida e il movimento Parejas Reales, ha sottoposto ai candidati al Congresso un “Patto per la vita e la famiglia”. A tutti, trasversalmente, senza distinzione di appartenenza partitica. E senza che la piattaforma abbia espresso alcuna preferenza per l’uno o l’altro candidato. Semplicemente si è limitata ad informare gli elettori pubblicando i nomi di quanti hanno firmato.
Le questioni da difendere, infatti, sono talmente importanti e talmente alte da trascendere la mera lotta tra fazioni. Piuttosto, dovrebbero fondare l’azione di ogni forza che scende in campo per governare il Paese.
In pratica, gli amici peruviani hanno messo in atto la medesima iniziativa che la nostra ProVita onlus ha lanciato in Italia in vista delle prossime elezioni amministrative.
Leggiamo su Aciprensa che in Perù sono stati 79 i candidati che hanno deciso di sottoscrivere l’impegno. Sappiamo quanto ancora forte sia la resistenza, specialmente tra la popolazione, contro la legalizzazione dell’aborto (basti pensare allo straordinario successo della Marcia per la Vita ogni anno) e contro il riconoscimento del cosiddetto matrimonio omosessuale.
Il documento è molto semplice ed è composto da tre punti, riguardanti i tre principi non negoziabili della vita, della famiglia e dell’educazione. Nonostante certuni vogliano evitare di parlare di questi temi “divisivi”, sostenendo che non sono poi così fondamentali e dunque sarebbe sempre auspicabile un compromesso, c’è ancora chi non retrocede, ma gioca all’attacco. Senza paura e senza complessi. Una lezione anche per noi italiani.
I firmatari peruviani hanno riconosciuto che la società e lo Stato devono riconoscere e difendere il valore e l’inviolabilità di ogni vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale. Allo stesso tempo, hanno confermato che il matrimonio è solo l’unione tra un uomo e una donna e dunque hanno promesso di attuare misure politiche volte a favorire il consolidamento della famiglia naturale. E non certo l’istituzionalizzazione di pseudo-matrimoni gay con annesse adozioni. Infine, i candidati firmatari del Patto hanno pure riconosciuto la necessità che la formazione di bambini e giovani sia solida ed avvenga nel pieno rispetto del prioritario diritto dei genitori all’educazione dei figli, in base ai valori di ogni nucleo familiare.
L’auspicio è che in Perù, così come in Italia, la politica possa non solo raccogliere l’appello alla difesa dei valori non negoziabili, ma si adoperi pure con tutte le sue forze per farlo concretamente. D’altra parte, se sentono il fiato sul collo, la costanze e la tenacia degli elettori e delle varie associazioni ideatrici del Patto, c’è buona probabilità che qualcosa di buono venga fuori.
Federico Catani