05/03/2020

Perucchietti: «Ottima la campagna di Pro Vita & Famiglia contro una legge che vuole imbavagliare il dissenso»

#Restiamoliberi è l’ hashtag che rappresenta l’appello e il grido d’allarme che caratterizza la nuova campagna choc di Pro Vita & Famiglia, a colpi di manifesti, che verranno affissi su tutto il territorio nazionale, contro il disegno di legge contro l’omotransfobia che il 30 marzo verrà discusso alla Camera e poi al Senato. La campagna di Pro Vita intende sensibilizzare l’opinione pubblica contro i pericoli gravissimi e nascosti per la libertà di ognuno, nella proposta Zan.

Enrica Perucchietti giornalista e scrittrice di successo, già nel suo libro scritto a quattro mani con Gianluca Marletta, “ Unisex, la creazione dell’uomo senza identità”, alcuni anni fa si era occupata di delineare i rischi di un’eventuale approvazione della legge contro l’omostransfobia. Pro Vita & Famiglia le ha rivolto alcune domande.

 

Cosa ne pensa della campagna di Pro Vita & Famiglia contro il progetto di legge sull’omotransfobia, della legge in questione e di questo tentativo estremo di scuotere le coscienze?

«L’iniziativa di Pro Vita & Famiglia è ottima, perché complice il coronavirus, l’opinione pubblica è distratta e non se ne sta parlando. Dunque il Paese si sta facendo passare lo psicoreato di omotransfobia nell’indifferenza generale. Ne parlavo alcuni anni fa in “Unisex” con Marletta e due anni fa in “Fake news” della volontà di introdurre un disegno di legge su omofobia e transfobia. Questo perché da anni si sta cercando di creare una sorta di reato di opinione per rendere di fatto impossibile, non solo esprimersi liberamente e criticamente contro certe derive sociali, ma persino pensare. Fermo restando che la violenza è sempre esecrabile, infatti, abbiamo un codice civile su questo, ma nel testo di legge in questione, secondo me, la parte più ambigua è che manca una definizione precisa del reato e quindi si apre un’interpretazione da parte dei giudici che può portare, a mio dire, ad una difficoltà crescente di informazione e di critica, rispetto a tutte quelle derive, come il gender, legate alle lobby lgbt, perché qualunque tipo di informazione darebbe adito a querele e diverrebbe materia di “discriminazione”, incitamento all’odio e tutto il resto. Dunque vi è il rischio di una deriva orwelliana che per alcuni può essere folle ma che secondo me è assolutamente prevedibile. Questo succede quando sempre meno persone prendono posizione su delle tematiche delicatissime perché hanno paura e fanno combattere ad altri le battaglie, per procura».

Come mai, secondo lei, i mezzi d’informazione generalisti fungono incessantemente da cassa di risonanza di un unico punto di vista?

«Perché in qualche modo è politicamente corretto portare avanti questo tipo di battaglia e che il gender sia presentato come una rivoluzione antropologica, perché la tesi che sostenevo con Marletta, alcuni anni fa, è che una società formato da individui fluidi, liquidi, addirittura nella propria identità sessuale e quindi in qualche modo amorfi, sia utile al potere perché una massa di individui spersonalizzati è più facile da controllare e manipolare e automaticamente questo tipo di linea- guida rientra pienamente in quel pensiero unico che si sta accreditando sempre di più e sempre più violentemente anche a colpi di legge, in occidente. Quindi da un lato abbiamo a mio dire, molto grave, una forma di patologizzazione del dissenso, per cui si fanno rientrare le critiche all’interno di categorie psichiatriche come l’omofobia, la transfobia ecc o il “sovranismo psichico”, proprio perché si deve creare questa etichetta sulfurea per additare coloro che la pensano diversamente dall’ortodossia e dal pensiero unico e dall’altro creare tutta una serie di leggi per poter imbavagliare il dissenso e questo è molto pericoloso perché si delinea una forma di “totalitarismo democratico” in cui, in realtà, la democrazia è tenuta in scacco da una minoranza che si infarcisce la bocca di buonismo, amore e che poi dimostra di essere molto più violenta di quel tipo di violenza che vorrebbe combattere. Quindi c’è anche questa forma di schizofrenia, di paradosso».

Secondo Lei, la gente comune ha preso coscienza di quello che potrebbe accadere alla nostra libertà personale?

«Io penso di no, ciò che ho constatato negli anni è che una parte del pubblico ha cominciato ad interessarsi ad una tematica su cui c’è ancora molta ignoranza però si è utilizzata la tecnica del controllo sociale del “divide et impera”. Perciò si è cercato di dividere in fazioni, pro e contro, creando contrapposizioni ideologiche, in modo da non generare un giusto dibattito ma da dividere semplicemente in tifoserie. E quindi coloro che portano avanti la battaglia contro certi temi, come il gender, viene accusato di essere omofobo, bigotto, oscurantista e fascista, dall’altro purtroppo, per quanto sia cresciuta la sensibilizzazione sulla tematica, c’è ancora molto disinteresse e molta ignoranza e inoltre, i media, intendendo anche i talk show e diverse trasmissioni televisive che vengono trasmesse in prima serata, serie tv ecc. stanno facendo danni, propaganda per letteralmente plasmare l’immaginario, sottomettendolo a questa rivoluzione antropologica. Ci troviamo di fronte ad una propaganda martellante da parte degli attivisti e dei media, quindi la gente non può essere ancora così consapevole».

 

 

di Manuela Antonacci

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