L’iniziativa sostenuta dall’Associazione giuristi per la vita, l’Unione cattolica farmacisti italiani, il Forum delle associazioni familiari, l’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici e l’Associazione Pro Vita sul ricorso al Tar del Lazio contro la modifica del foglietto illustrativo del farmaco Norlevo, potenzialmente abortivo, ha suscitato notevole interesse da parte sia di personalità mediche, giuridiche, che di semplici lettori che hanno sostenuto e sostengono il ricorso.
Ringraziando tutti del sostegno dimostrato, riportiamo un interessante articolo pubblicato da Avvenire.
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Cinque associazioni cattoliche contro la pillola del giorno dopo. L’Associazione giuristi per la vita, l’Unione cattolica farmacisti italiani, il Forum delle associazioni familiari, l’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici e l’Associazione Pro Vita hanno depositato ieri (1 aprile 2014 n.d.r.) un ricorso al Tar del Lazio contro la determinazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) del 17 dicembre 2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 febbraio, nella quale veniva accolta la richiesta avanzata dalla casa farmaceutica produttrice di modificare il “bugiardino” del Norlevo – nome commerciale del farmaco meglio noto come “pillola del giorno dopo” – omettendo la citazione della sua potenziale abortività per limitarsi a citare gli effetti di inibizione o di ritardo dell’ovulazione.
Un simile intervento dell’organismo pubblico di farmacovigilanza, dipendente dal Ministero della Salute, ha l’effetto di evitare la catalogazione del Norlevo tra i farmaci abortivi, dunque soggetti alla disciplina della legge 194 (incluso il diritto all’obiezione di coscienza), spostandolo nella categoria degli anticoncezionali.
La strategia dei fautori della cosiddetta “contraccezione d’emergenza” è chiara: giungere a una regolamentazione analoga a quella vigente in Francia (l’azienda che produce il farmaco è la francese Laboratoire Hra Pharma) dove – come si legge sul sito della casa farmaceutica – Norlevo è «il primo prodotto contraccettivo ormonale disponibile senza obbligo di prescrizione e il primo prodotto disponibile gratuitamente sotto i 18 anni». Un farmaco da banco, come chiede una storica campagna dei radicali.
Ad avanzare fondate obiezioni scientifiche e giuridiche a questa deriva è ora il ricorso al Tar del Lazio del pool di associazioni d’ispirazione cristiana che contestano la parte del provvedimento Aifa nella quale «si afferma in modo apodittico e indimostrato che il farmaco non può impedire l’impianto nell’utero di un ovulo fecondato, causando l’interruzione della gravidanza, cioè un aborto, provocando la morte dell’embrione». Visto che il farmaco ha un effetto «antinidatorio», impedendo cioè l’annidamento nell’utero dell’embrione già eventualmente formato, allora è inevitabile che renda impossibile il suo sviluppo e ne causi la morte. Che si chiama aborto.
Per questo stringente ragionamento è sembrata a molti sorprendente la decisione dell’Aifa di accogliere l’istanza di Hra Pharma che nel foglietto illustrativo aveva sempre citato la possibilità che il farmaco potesse causare un aborto spiegando che il Norlevo «potrebbe anche impedire l’impianto» dell’embrione. Nel ricorso le cinque associazioni rammentano che già nel 2001 il Tar si era occupato di pillola del giorno dopo mettendo in luce il «carattere ingannevole e non veritiero delle avvertenze del foglio illustrativo».
Nella sentenza il Tribunale «aveva censurato l’omessa indicazione del fatto che il farmaco avrebbe potuto impedire l’impianto dell’ovulo fecondato e quindi l’interruzione della gravidanza e la morte dell’embrione. Proprio in seguito alla citata sentenza il foglietto illustrativo del Norlevo fu modificato». La prova che le ragioni di quella sentenza sono ancora valide sono contenute nel corposo dossier scientifico che accompagna il ricorso, col quale si punta anzitutto alla sospensione della delibera Aifa.