La madre di Jin Cai, Presidente del Centro interculturale italo cinese di Ferrara, è stata una delle centinaia di milioni di donne vittime della crudele politica del figlio unico cinese.
Questo è il racconto dei veri e propri miracoli che gli hanno consentito di scampare alla pianificazione familiare più crudele della storia, ad una vera e propria strage degli innocenti .
Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato... Ah! E se qualcuno vi dice che “hanno abolito la politica del figlio unico”, NON CI CREDETE...
Tutto è iniziato quando mia madre era incinta di me, quindi 22 anni fa. Il problema era che io ero il secondo figlio e quindi ero di troppo per la società cinese. I miei conoscevano le regole e stavano sempre molto attenti nei rapporti sessuali. Ma erano anche generosi: avrebbero voluto adottare uno dei tanti bambini abbandonati – soprattutto bambine – che si trovavano per la strada. Nella mia regione, lo Zhejiang, le adozioni erano sempre possibili, visto l’altissimo numero di trovatelli. Una volta ne trovarono uno nel nostro cortile. Ma erano veramente troppo poveri per allevare un altro figlio e si arresero e lo consegnarono alle autorità.
Quando mia madre è rimasta incinta di me, ebbe molta paura: tutti sanno che l’Ufficio di controllo delle nascite è praticamente onnisciente, e che quindi non avrebbe potuto tener nascosta la gravidanza non autorizzata a lungo. Allora ha assunto delle pillole abortive, ma per mia fortuna non hanno funzionato.
In Cina tutte le donne in età fertile non sterilizzate si devono presentare obbligatoriamente al controllo ginecologico, ogni 3 mesi. E così, dopo la visita successiva, l’ufficio di pianificazione familiare le notificò l’ordine di abortire. Mia madre fu costretta a presentarsi all’ospedale della mia città, Wu Niu, dove la sottoposero a raschiamento. Ma lo fecero male, ed io ero ancora là! Al successivo controllo trimestrale, il ginecologo la mandò all’ospedale provinciale di Wenzhou, per farla finita – con me – una volta per tutte. Accompagnata da sua sorella, si è sottoposta all’intervento ed è stata dimessa con il relativo certificato di aborto, che nessuno ha messo in dubbio. Immaginatevi la sorpresa, quando alla visita seguente, dopo altri tre mesi, risultò che mia madre era prossima a partorire!
Nel frattempo, per fortuna, il governo aveva introdotto un regolamento che consentiva alle popolazioni rurali di avere un secondo figlio, se adeguatamente distanziato dal primo. Dato che mio fratello aveva già 10 anni, noi potevamo rientrare nella deroga, e così mia madre riuscì ad ottenere il permesso di nascita.
A quel punto però è subentrata una grande preoccupazione per la mia salute: ero scampato a due aborti chirurgici, praticamente ero stato torturato, potevo essere malformato o peggio…Il “buon consiglio” che mia madre riceveva era il seguente: ”Se il bambino non è sano, fai finta che non lo hai mai portato né partorito”. Invece, sono sano!
Tuttavia, quando sono nato la placenta si è frantumata e la mia mamma stava rischiando la vita. Fortunatamente i medici hanno agito con prontezza e in pochi giorni la salute di mia madre è migliorata. Dopo pochi mesi, l’Ufficio di controllo delle nascite è venuto a casa mia a chiedere ai miei genitori di pagare una multa di 200 yuan per regolarizzare la nascita: il permesso non era stato concesso regolarmente.
La mia mamma ha cercato di raccogliere quanto più denaro possibile dai suoi amici e vicini di casa, ma riuscì solo a trovare 100 yuan. Naturalmente, i funzionari non erano soddisfatti. Alla fine mia madre gli ha detto che lei non aveva altro da dare e che potevano solo prendersi il bambino e andarsene. In quel momento tutti i parenti e gli amici dei miei erano a casa nostra e spalleggiavano mia madre. Perciò i funzionari se ne sono andati senza prendere neanche uno yuan.
La vendetta è arrivata dopo un po’: quando i miei hanno chiesto di farci venire in Italia (a me e a mio fratello), le autorità hanno rispolverato le carte e hanno preteso una multa di 2000 euro. Senza di essa io non avrei potuto avere il certificato di nascita e i documenti necessari per venire qui. E così hanno dovuto pagare.
Mia madre, inoltre, ancora oggi porta il segno della politica del figlio unico: perché alla fine è stata oggetto di sterilizzazione forzata.
Jin Cai
Tratto da NotizieProVita n.8 – Settembre 2013 – Pag.11