C’è chi dice no alla supremazia delle leggi europee nel proprio paese: Ungheria e Polonia hanno posto il veto sulle conclusioni del Consiglio della Giustizia europeo, relative alla strategia della Commissione sui diritti dell'infanzia: "Continueremo a resistere alla pressione della lobby Lgbtq", ha promesso il ministro della Giustizia ungherese Judit Varga.
Una mossa decisa ma necessaria, come spiega la stessa Varga in quanto “alcuni Stati hanno insistito strenuamente affinché gli attivisti Lgbt fossero ammessi nelle nostre scuole”.
Per questo atteggiamento netto e radicale, Budapest e Varsavia sono da tempo il bersaglio prediletto di Bruxelles perché accusate di macchiarsi di azioni e iniziative discriminatorie nei confronti della comunità arcobaleno. Eppure le ragioni di tale presa di posizione, da parte dell’Ungheria e della Polonia, appaiono chiarissime e lucidamente espresse, proprio in un post di Varga: "La lotta alla violenza sui minori o alla prostituzione minorile, o anche la garanzia dei diritti dei bambini con bisogni educativi speciali o disabilità o ancora, il rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione, sono per loro meno importanti che garantire diritti extra alla lobby Lgbt". Le reazioni non sono tardate ad arrivare: la Polonia e l’Ungheria hanno immediatamente ricevuto l’avviso del congelamento dei fondi del Recovery fund. In Polonia, in particolare, queste “sanzioni” sono arrivate per le regioni che si sono definite ‘Lgbt-free’ e che, per questo, sono state costrette a rinunciare a questa dichiarazione, proprio per non perdere il denaro.
Già lo scorso luglio, inoltre, l’Ungheria aveva ricevuto l’anatema della Commissione UE per la legge, approvata dal parlamento ungherese, che vieta la promozione - in qualsiasi forma - dell'omosessualità e della transessualità ai minori di 18 anni. Un divieto esteso anche ai programmi educativi o pubblicità pro Lgbt e che non esclude nemmeno i libri, gli spettacoli e le serie televisive che normalizzano l'omosessualità o il transgenderismo e saranno, appunto, "vietate ai minori".
Perciò, di fronte ai ricatti di Bruxelles l’Ungheria (e la Polonia) non cede e Varga chiosa: "Il governo resta impegnato a garantire un elevato livello di protezione dei diritti dei bambini. Non lasceremo mai che attivisti Lgbt entrino nelle nostre scuole".