E’ sempre un grande piacere conoscere dei giovani che utilizzano i loro talenti per la causa della Vita. Ciò mostra almeno che, nonostante il declino delle nostre società occidentali nel senso della cultura della morte, possiamo ancora nutrire qualche speranza nella parte migliore della gioventù contemporanea. Recentemente ci siamo imbattuti nell’opera di tre giovani neolaureati, Antonio Losa, Mattia Conti e Gabriele Lodi Pasini, che hanno deciso di realizzare il cortometraggio “Le Prepersone”, ispirato all’omonima opera di Phil K. Dick.
L’autore descrive un mondo nel quale i bambini fino all’età di dodici anni, cioè finché non sono in grado di risolvere equazioni di secondo grado, non vengono considerati giuridicamente “persone”, ma solo “pre-persone”, con una conseguente limitazione di diritti, compreso quello alla vita. Le pre-persone possono dunque essere eliminate, come i bambini nel grembo materno. Questa visione distopica, forse più reale di quanto possa sembrare a prima vista, viene messo in scena in modo avvincente dai nostri giovani registi, anche con lo scopo dichiarato di far riflettere: il nostro mondo non somiglia forse a quello descritto da Dick?
Abbiamo colto l’occasione per intervistare i tre giovani.
Vi posso chiedere di presentarvi ai nostri lettori?
Siamo tre ragazzi di 26 anni, neolaureati in Televisione Cinema e New Media all’Università IULM di Milano, con la passione per il cinema e la speranza di poter lavorare in questo settore. Realizziamo cortometraggi no budget e no profit su varie tematiche.
Perché avete scelto di realizzare proprio “Le Prepersone”?
Nelle ore passate insieme in Università, avevamo deciso di realizzare insieme un progetto unendo le nostre capacità e conoscenze personali, ma non avevamo idea di cosa si potesse raccontare: avevamo molte idee, molte storie in mente e molte possibilità, ma nessuna ci sembrava sufficientemente valida per giustificare uno sforzo produttivo.
Avendo a disposizione un così gran numero di storie, ma avevamo la necessità di focalizzarci su una linea di principio: abbiamo capito che le uniche storie che valeva la pena raccontare e che avremmo dovuto raccontare, fossero quelle che potessero non solo piacere a noi e al pubblico, ma che potessero in qualche modo essere utili alle persone ... storie non solo belle, ma soprattutto utili.
A questo punto è stato proposto il racconto di Phil K Dick: l’idea di poter parlare dell’ aborto , un tema così presente nella nostra società, che cambia la vita alle persone, ma che spesso viene trattato in modo molto distaccato, ci è sembrata la strada giusta. Inizialmente il cortometraggio doveva parlare “solamente” dell’ aborto , visto sotto una prospettiva esagerata (poiché mostra bambini di sei anni e sani), ma documentandoci in fase di pre produzione ci siamo accorti di quanto il cortometraggio fosse in realtà più profondo e toccasse il possibile tema dell’ aborto post natale (fantascientifico ai tempi di Phil Dick, ma non così lontano dalla nostra realtà).
Secondo il principio che ci eravamo dati (realizzare un cortometraggio che fosse prima di tutto utile), ci siamo resi conto che era necessario realizzare questo progetto, poiché poteva e può aiutare a leggere “in anticipo” una situazione che potrebbe essere realmente presente nel nostro prossimo futuro.
Quale è stato l’ostacolo più difficile da superare nella produzione del film?
L’ostacolo più arduo da superare è stato il fatto di dover gestire le riprese con l’università e gli esami. Le riprese erano state progettate per essere realizzate in una settimana, ma per problemi logistici abbiamo suddiviso le riprese in alcuni weekend. Poi sono sopraggiunte altre problematiche: l’automobile rotta, impegni degli attori, compleanni, malattie etc. Sul set il problema era la gestione degli attori, sopratutto dei bambini che erano molto vivaci. Tutto questo ci ha fatto accumulare un ritardo sulle riprese e quindi sul completamento del cortometraggio di poco più di un anno.
Secondo voi ci sono, nella società attuale, segni che indicano che il nostro mondo si sta avvicinando a quello immaginato da Philip K. Dick?
E’ possibile che la visione di Phil Dick trovi riscontro reale in un prossimo futuro, basti pensare all’articolo scritto dai due bioeticisti italiani – Giubilini e Minerva – sull’ aborto post-nascita, o all’eutanasia per i bambini in Belgio e Olanda. All’inizio, non riguarda bambini sani e così grandi come mostrato nel cortometraggio, ma bambini malati, [o comunque “sbagliati” (pensiamo all’aborto sesso selettivo in voga – ormai – anche in occidente), N.d.R.] ed è presentato come atto di umanità per evitare sofferenze ai piccoli e problemi ai genitori.
Volete trasmettere un ultimo messaggio ai nostri lettori?
Con i vostri cari lettori vorremmo condividere per l’ennesima volta un messaggio generale: alcuni pensieri umani possono trasformarsi in strane ideologie e supposizioni, così come il concetto di pre-persone che può nascere e diffondersi; altri pensieri possono essere coltivati senza nemmeno avere una piena consapevolezza a riguardo. Quindi vi chiediamo di condividere il nostro cortometraggio e di dar vita a discussioni aperte sulla questione.
Invitiamo dunque tutti a vedere questo bel cortometraggio, ben realizzato dal punto di vista tecnico, ma soprattutto capace di porre profonde domande etiche e di stimolare la riflessione.
Alessandro Fiore