Il 28 maggio, a Roma, si è costituito il Comitato delle famiglie per il NO al prossimo referendum costituzionale previsto per ottobre.
Il comitato nasce dalla spinta dei due recenti Family Day.
Il portavoce del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, Massimo Gandolfini, neurochirurgo bresciano, ha sottolineato che l’anima di questo movimento non è espressione di vendetta nei confronti del premier e del governo, ma è riaffermazione della giustizia sociale in tempi in cui la democrazia è messa a dura prova.
Cerchiamo brevemente di individuare i nessi fra la difesa della famiglia naturale e una possibile riforma della nostra Costituzione.
1. C’è, innanzitutto, un problema relativo al mandato del governo. Paradossalmente il governo si trova guidato da un partito di maggioranza relativa che porta il nome di ‘Democratico’, ma che amministra la cosa pubblica in modo autoritario senza aver mai avuto il mandato del ‘démos’, del popolo. Invece di fare il ‘governo tecnico’, come capita quando dopo una crisi non si va a nuove elezioni, sta mettendo mano a riforme radicali per la storia del nostro Paese, con ostinata arroganza e senza tener conto della reale volontà e dei reali interessi dei cittadini italiani. La recente approvazione delle legge sulle ‘unioni civili’ ne è stata una dimostrazione. Approvata senza nemmeno una discussione, sia al Senato sia alla Camera, con due voti di fiducia.
2. Se il referendum di ottobre dovesse passare, la democrazia (tanto decantata a parole ma coltivata molto poco nei fatti) subirebbe ancora un colpo decisivo. La riforma della legge elettorale, infatti, porta un premio di maggioranza esorbitante (il 25% dei voti controllerebbe il 55% dei seggi) dando a pochi il potere su molti. Se a questo aggiungiamo l’eliminazione della seconda camera, ne esce un esecutivo talmente rafforzato da presagire scenari da nuova ‘dittatura’.
3. Se con la struttura attuale delle Camere il Governo è riuscito a far passare una legge (‘unioni civili’) che aveva fatto scendere in piazza milioni di cittadini italiani, senza che ne fosse discusso neanche un emendamento in aula, dopo il referendum cosa impedirà ai governi di far approvare in tempi ristretti e senza contraddittorio (e continuando ad ignorare completamente la voce del popolo!) leggi come l’utero in affitto, la liberalizzazione delle droghe, l’eutanasia, l’adozione dei figli per i single e le coppie omosessuali, ecc… fino a quelle liberticide come la legge sulla cosiddetta ‘omofobia’?
4. Risulta dunque evidente che l’urgenza del Comitato delle famiglie per il NO sia non solo nel merito di singole leggi, ma anche nel metodo attraverso il quale questo Governo (di non eletti) sta esercitando una pressione sull’opinione pubblica, aggravata anche dal grande controllo che esso esercita su mezzi televisivi e editoriali (continuano le epurazioni alla Rai e nessuno dice niente...).
5. Il Comitato, quindi, non chiude la porta a possibili cambiamenti della Costituzione, ma promuove l’idea che questa modernizzazione debba passare attraverso una condivisione ampia, nello spirito di quanto proposto dai padri costituenti. Non basta lo slogan del ‘Governo del fare‘: “bisogna fare, sì, ma bisogna fare bene”.
6. Il NO al referendum, quindi, è prima di tutto un NO al rischio di accentramento del potere in un solo partito; un NO alla limitazione della libertà e con esso della possibilità di difendere sul piano sociale, antropologico e morale principi e valori con i quali si è costruita la nostra storia, valori che abbiamo ricevuto dai nostri padri e che abbiamo il dovere di insegnare ai nostri figli.
Toni Brandi
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