Si parla tanto dell’aborto e di quanto costituisca un’esperienza traumatica per la donna e il nascituro ma l’accento sugli aspetti economici di tale pratica, fino ad ora non erano mai stati messi. Oggi, per la prima volta, è stato invece presentato – proprio su questo argomento – un Report sui costi dell’aborto e di applicazione delle legge 194/1978. Il documento è a cura di un gruppo di lavoro composto da economisti, medici e giuristi, con il patrocinio della SIBCE (Società Italiana per la Bioetica e i Comitati Etici), dell’AIGOC (Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici), della Fondazione Il Cuore in una Goccia, e di Pro Vita & Famiglia.
Tra i relatori della conferenza stampa anche Benedetto Rocchi, Professore associato al Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze. A margine della conferenza stampa il professore ha ulteriormente chiarito i dettagli del Report ai microfoni di Pro Vita & Famiglia
Professore, come mai si è scelto di affrontare, per la prima volta, questo argomento?
«Perché questo argomento non è mai stato affrontato prima di adesso, nonostante la legge preveda che si raccolgano dati sull’applicazione, di fatto nessun dato sull’onere finanziario dell’applicazione della legge è mai stato prodotto in precedenza, né dal Ministero né dal Parlamento, né dall’Istat e quindi pensavamo che fosse importante aggiungere questa informazione per valutare la legge»
Secondo Lei come mai non sono mai stati forniti questi dati, non è un po’ strano?
«Forse non è strano, perché sin dall’inizio si è capito che l’aborto fosse a carico del contribuente, ma quando poi, nel tempo, l’onere della spesa sanitaria ha continuato a crescere, tanto che alcune prestazioni sanitarie, oggi, non sono totalmente gratuite, è chiaro che è diventato comodo non dire nulla sulla spesa, per questa politica che non è una politica che finanzia delle cure, perché l’aborto non è una cura».
Si parla tanto di decessi legati al covid ma non all’aborto che, Le chiedo, non potrebbe essere considerata anch’essa un’emergenza sanitaria?
«Non è considerata un’emergenza sanitaria. Di fatto l’aborto è un caso molto particolare di spesa cosiddetta “sanitaria” perché è una spesa che non genera salute, semmai aumenta certi rischi per la salute ma è assolutamente dedicata ad un’operazione che non è di cura, poi, i numeri totali, sia dell’applicazione della legge, sia in termini di numeri degli aborti, sia della spesa totale siano tali che fanno pensare che in quarant’anni questa potrebbe essere considerata un’emergenza considerato anche questo fatto: che l’Italia ha un gravissimo problema di denatalità».
Dunque, in conclusione, qual è la stima che il Report appena presentato mette in luce?
«Il costo cumulativo espresso in euro, del 2018, è oltre 5 miliardi di euro, se però avessimo investito queste cifre in un fondo produttivo sarebbero più che raddoppiate. Sono tutti interessi persi su questa che è una spesa improduttiva e sono oltre 6 miliardi».