«Nostro figlio Renn Martin-Yosef è nato». Ecco l’annuncio di Ricky Martin che sta facendo impazzire il web. Si tratta, come spiega Fanpage, del quarto bambino adottato dal cantante e attore portoricano attraverso la pratica dell’utero in affitto, il secondo dopo il “matrimonio” con Jwan Yosef. In precedenza, Ricky Martin si era rivolto così ai suoi fans: «Vi annuncio che siamo in dolce attesa».
Ma c’è un particolare, non piccolo, che sfugge: dov’è la mamma? Che i bambini nascano da un papà e una mamma è una semplice, evidente ed incrollabile verità scientifica. E mentre i media festeggiano con il cantante, noi, con totale rispetto nei suoi confronti, prendiamo in considerazione le tante negatività celate dietro quanto accaduto.
La pratica dell’utero in affitto sfrutta il corpo di una donna, molto spesso povera e che si presta a una simile pratica per riscattarsi dalla propria condizione di indigenza. Questa pratica implica che a una donna che ha sperimentato tutto della gravidanza (la modificazione del corpo, l’accoglienza del piccolo, il rapporto biologico “materno fetale”, il legame affettivo che inevitabilmente si forma con il bambino) venga portato via subito dopo il parto quel bimbo che è stato nove mesi nel suo grembo, con possibili conseguenze psicologiche per donna e neonato. La pratica dell’utero in affitto, inoltre, implica che un bambino appena nato venga sottoposto ad un vero e proprio shock, nell’essere strappato dal ventre materno, privato del calore materno (che il bimbo sa riconoscere) e del latte materno, che ha proprietà ideali per la crescita del piccolo. Ricordiamo anche che «La voce, il cullare e lo stesso battito cardiaco della madre sono importanti fattori di stimolazione della respirazione del bambino, soggetto a ricorrenti apnee».
Poi non bisogna dimenticare che, quando il piccolo è adottato da coppie formate da persone dello stesso sesso, questo priva il bambino di una delle due figure genitoriali, quella del papà e quella della mamma, entrambe fondamentali per la sua crescita; lo priva, quindi, di una famiglia naturale. La coppia acquirente, infine, sceglie il colore di occhi, capelli, pelle ed altre caratteristiche del bambino, come se fosse un oggetto da comprare.
L’adozione serve per dare un papà ed una mamma ad un bambino che ne è tragicamente rimasto privo, non per dare un bambino a due adulti. Le donne non sono incubatrici da sfruttare per avere un bambino. E il bambino è un soggetto di diritto e, in quanto tale, ha diritto a una famiglia, non è l’oggetto di un diritto altrui. Pro Vita & Famiglia continuerà a battersi per ribadire queste realtà che sono alla base della civiltà, del rispetto umano e della tutela dei più deboli.
di Luca Scalise