Uno spot “fuori tempo” (se mai è stato il tempo per queste cose…), un’ideologia portata avanti nonostante altrove stia facendo molto più rumore un ritorno alle tradizioni e ai valori: è questa la fotografia che Alberto Contri, presidente dell'Associazione italiana agenzie di pubblicità, professore universitario e ex membro del CDA Rai, dà del nuovo spot della Pupa che, con la donna che scappa con l’altra donna mollando sull’altare il futuro marito, strizza l’occhio alle ideologie LGBT e lo fa proprio in esclusiva nella settimana di Sanremo.
Professore. Cosa ne pensa del nuovo spot Pupa che propone, per l’ennesima volta nel panorama tv e pubblicitario, ideologie LGBT?
„Questo nuovo spot a dire la verità rappresenta un fatto curioso e anacronistico perché nel frattempo, nel mondo, comincia a esserci una ribellione a questo modo di pensare: ad esempio è un fatto che la birra Budweiser, più diffusa negli Stati Uniti, ha usato ultimamente una modella transgender come volto delle bottiglie light. Ebbene: vi è stato un vero e proprio boicottaggio: le persone non l’hanno più comprata, si è avuto un tracollo in borsa. L’azienda ha perso 27 miliardi di dollari e hanno dovuto fare una massa di licenziamenti».
Non l’unico caso, vero?
«No. Un’altra società di moda, che ha fatto una linea per bambini arcobaleno, si è dovuta rassegnare alla produzione rimasta invenduta sugli scaffali. Nel frattempo, invece, è uscito un altro spot, quello di una nota macchina francese, dove si vede una biondina sgallettata che guida la macchina e incrocia “trend” e “stereotipi” fino a che la macchina continua ad andare avanti e si dice “Devi credere solo in te stessa”. Poi c’è l’altro fenomeno della Walt Disney che quanto a perdite in borsa non è da meno dopo aver utilizzato le politiche LGBT inserendo nei film teorie gender e quant’altro. Lo stesso dicasi anche per il parco di Parigi che ha subito un profondo calo di visite delle famiglie».
Torniamo a Sanremo. Dunque perché questo insistente proporre queste tematiche, per altro nella rete di punta della RAI?
«E’ uscita un’intervista di Amadeus su Vanity Fair in cui lui dice, fra le varie cose, che non interessa cosa fanno i suoi figli, chi amano: a lui interessa solo che stiano bene, loro possono amare chi vogliono. Questi sono i valori di Amadeus traslati in trasmissione. Invece Gianpaolo Rossi, direttore generale della RAI, parla dell’evento di Sanremo come “grande impresa culturale”. O non lo sanno o probabilmente fanno finta di niente: per la quinta volta ci ammollano con queste filosofie di assoluto relativismo etico da un lato con ciascuno ama chi vuole. Di fatto una promozione contro la famiglia, in un momento in cui i governi si sbracciano per la natalità. Ossimoro e assurdo è il proporre lo stereotipo del superamento della famiglia tradizionale. Il promuovere un’alternativa proprio in un momento in cui è fuori tempo».
Eppure…
«Siamo i provinciali di turno. E’ uscito pure un cantante, un rap che sta facendo furore negli Stati Uniti e che protesta contro lo woke culture: “Basta non se ne può più” dice. Sta avendo milioni di follower. Nonostante questi, che non sono più segnali deboli ma segnali forti, ci sono delle persone che fanno finta di niente e fanno gestire tutto da un conduttore tecnicamente bravo ma che non si capisce cosa abbia in testa».
Il tutto rischiando di rovinare un evento che era parte della tradizione popolare.
«Una volta c’era un sentimento di unità popolare attorno al festival: la musica trasmetteva dei valori. Oggi va così: nel momento in cui perfino un rap di grandissima fama dice non ne possiamo più questi vanno avanti pensando di fare scandalo. Sa cosa Le dico? Spero vada a finire come con la Budweiser».