Su Craigslist, una persona proveniente dalla Florida pare abbia venduto un bambino di sole due settimane per 500 dollari. Il venditore avrebbe anche spiegato, nell’annuncio, la convenienza di un simile “acquisto”: «Dorme, non fa rumore di notte. Possiamo darti gratuitamente dei vestitini e la sorella di 4 anni», leggiamo su Dagospia.
Annuncio shock? Decisamente. E guai se ci abituiamo mentalmente al fatto che un bambino possa essere trattato come merce da mettere in vendita. Ma questa vicenda gravissima non ha nulla di più rispetto alla pratica dell’utero in affitto. Anzi, il contrario.
Con l’utero in affitto, questa pratica condivide il fatto stesso che un bambino venga dato a due acquirenti in cambio di soldi, precisamente come un’oggetto da mercato.
Ma la pratica barbara dell’utero in affitto comporta anche che la coppia acquirente possa scegliere il colore degli occhi, dei capelli, della pelle, la razza ed altre caratteristiche del bambino (sì, proprio come quando si sceglie un vestito) ed ottenere che quello che soddisfa tutti i criteri, congelato in provetta in stato embrionale (dove tanti bambini muoiono), venga impiantato nell’utero della donna che lo porterà in grembo (con ulteriori rischi alla salute sua e di quella donna, provocati dalla fecondazione artificiale).
La donna che porta questo bambino a pagamento nel proprio utero durante la gravidanza, inoltre, è quasi sempre una donna povera, che si presta a tutto ciò per riscattarsi dalla propria condizione di indigenza. Una forma grave di sfruttamento del corpo femminile.
Il fatto, poi, che il bambino le venga strappato dal ventre alla nascita provoca inevitabili e seri traumi ad entrambi. E tutto questo avviene affinché una coppia (che, qualora fosse composta da membri dello stesso sesso, non sarebbe neanche una famiglia per il bambino) possa soddisfare un proprio desiderio, considerando il bambino come un proprio diritto e non come una persona, soggetto di diritti (tra cui quello alla vita e alla famiglia).
Ben venga scandalizzarsi per questo annuncio di bambini in vendita, dunque, ma, se ciò ci turba, ancor più opponiamoci alla pratica vergognosa dell’utero in affitto.
di Luca Scalise