Negli Stati Uniti il Wyoming è diventato l’ultimo stato, in ordine di tempo, a proibire i trattamenti per il cambio di sesso sui minori, unendosi agli altri 23 stati federali che avevano già approvato leggi per limitarli o vietarli. La nuova legge, che entrerà in vigore da luglio, punisce i farmacisti, i dottori e gli altri professionisti sanitari che forniscono trattamenti per il cambio di sesso ai minori, sequestrandogli la licenza o vietandogli definitivamente di esercitare nello Stato.
I legislatori di entrambe le camere ne hanno sostenuto l’approvazione all’inizio dello scorso mese, ma il governatore Mark Gordon, che ha firmato l’atto venerdì scorso ha dichiarato che, nonostante supporti le protezioni per i minori previste dall’atto, teme il rischio che la nuova normativa risulti eccessivamente invadente negli affari privati delle famiglie: «La nostra legislatura – ha affermato - deve decidere quale direzione prendere per quanto riguarda il tema dei diritti dei genitori. Mentre in alcuni ambiti sono stati previsti degli interventi governativi che possono sembrare più invadenti, in altri vengono valorizzati i diritti dei genitori».
Sono dunque sempre di più gli Stati federali retti da governi repubblicani che, dal 2021, stanno cercando di far passare normative che vieterebbero i trattamenti per il cambio di sesso sui minori, in alcun casi non senza difficoltà: nel Montana e nell’Idaho, per esempio, i giudici hanno temporaneamente bloccato i divieti approvati dai governi statali, mentre in Arkansas una legge simile è stata dichiarata incostituzionale ed è stata stroncata da un giudice federale.
La speranza, però, è che questo numero – crescente – di Stati che prendono posizione contro il cambio di sesso per i minori, possa incentivare e spronare sempre di più gli stessi Stati, ma anche gli altri, a porre in essere politiche per la tutela dei minori, della loro innocenza e salute e sbarrare la strada, una volta per tutte, a quel pericoloso metodo che è l’approccio affermativo.