Negli ultimi decenni il sesso è passato dall’essere un tabù, all’essere il centro di molti pensieri e di molte conversazioni, e non solo tra giovani maschi adolescenti in pieno vortice ormonale.
Oggi chi vive la sessualità castamente, nel fidanzamento ma anche nella vita coniugale, viene additato e considerato “strano”. Perché, è inutile negarlo, il sesso ormai è ovunque: non c’è pubblicità, non c’è canzonetta, non c’è film o fiction che non abbiano almeno un’allusione al sesso, se non addirittura un riferimento esplicito.
Inutile sottolineare come questo cambiamento interessi gli adulti, ma soprattutto gli adolescenti e i ragazzi, che si trovano immersi – fin dalla tenera età – in un contesto socio-culturale ipersessualizzato. Un coinvolgimento a livello fisico, istintuale, che tuttavia non va di pari passo con la maturazione psicologica e affettiva, e che è quindi fonte di problemi di diverso livello.
Recentemente parlavo con una psicologa che svolge un servizio di consulenza in una scuola elementare, la quale mi riferiva che si è trovata a gestire una situazione di sesso anale tra due bambini di quinta elementare. Dieci anni. Questi bambini a fatica potranno avere, da adulti, una vita sessuale sana e “purificata”...
Una nuova ricerca sul sesso e i media
Una recente ricerca americana su questo tema, intitolata “Growing up with Media” e condotta dal Center for Innovative Public Health Research, ha evidenziato una correlazione evidente tra il fatto di fare sesso e il fatto di vedere programmi riguardanti il sesso. Il campione era composto da ragazzi tra i 14 e i 21 anni.
Michele Ybarra MPH, Ph. D ha affermato, commentando i risultati: «Tra i giovani che hanno dichiarato che la maggior parte o tutti i media che consumano contengono contenuti sessuali, il 60 per cento di loro ha riferito di attività sessuale», mentre invece i ragazzi «i cui consumi di media non avevano quasi nessuno, o nessuno, contenuto sessuale, solo il due per cento aveva fatto sesso». Non è chiaro quale elemento influenzi l’altro, ma la correlazione – come si diceva – è evidente, e non è questa la prima ricerca che lo pone in evidenza.
I media, volenti o nolenti, ci influenzano: nel modo di vestire, nel modo di comportarci, nel modo di parlare... e, evidentemente, anche nel modo che abbiamo di concepire ed esercitare la sessualità. Essere consapevoli è un primo passo per cercare di porre degli argini a questa subdola forma di manipolazione cui siamo sottoposti. Un secondo passaggio, assolutamente necessario, sarebbe anche quello di evitare che contenuti riguardanti il sesso passino con così grande facilità e a tutti gli orari: se un adulto ha gli strumenti per difendersi, infatti, lo stesso non si può dire dei bambini e dei ragazzi.
Questo monito, più che un fine moralistico che può non essere condiviso, ha un risvolto molto pratico, anzi due: innanzitutto non sappiamo con certezza cosa comporti questa ipersessualizzazione nel lungo periodo, possiamo solamente fare alcuni pronostici... e non sono confortanti; in secondo luogo, le statistiche ci dicono che un abuso (perché di questo si tratta) di contenuti legati al sesso può essere la causa di successivi problemi per il singolo e per la società, quali la pornografia, l’abuso esercitato nei confronti del partner o di minori o la dipendenza dal sesso, una condizione psicopatologica che può talvolta necessitare di cure farmacologiche.
Teresa Moro
Fonte: LifeSiteNews
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