I giudici di Milano hanno richiesto l’archiviazione per Marco Cappato che – con gesto studiato e propagandistico – si era autodenunciato per aver aiutato nel suicidio DJ Fabo in Svizzera, lo scorso febbraio.
L’art. 580 del codice penale recita: «Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni» e l’art. 101 della Costituzione dice che i giudici sono soggetti alla legge: i lettori possono trarre da sé le conclusioni.
Così come quelli che di fatto ignorano che la legge italiana vieta l’utero in affitto e l’adozione gay, così i giudici di Milano abusano del loro potere con sentenze creative che calpestano una delle regole basilari dello stato di diritto e della democrazia: la separazione dei poteri: ai magistrati spetta il potere giudiziario, quello legislativo al Parlamento.
Secondo i suddetti magistrati il suicidio assistito non viola il fondamentale e indisponibile diritto alla vita quando avviene in situazioni oggettive di malattia terminale o di sofferenza intollerabile o indegna secondo il malato stesso.
Dj Fabo non era un malato terminale. Quindi il suicidio assistito, secondo i giudici, non è un reato se il malato valuta la sua vita indegna. Se passa questo concetto, presto si “presumerà” (dalle DAT o altro) che il malato reputi la sua vita indegna e l’eutanasia, signori, è servita.
E su tale presunzione si giocheranno abusi e interpretazioni estensive, come è dimostrato in tutti i luoghi dove la cosa è già stata legalizzata. Potremo così togliere di mezzo anziani, malati e disabili che danno fastidio e costano tempo e denaro a chi li assiste e alla collettività.
Venerdi 5 maggio 2017, dalle ore 12 alle 14, davanti al palazzo di giustizia di Milano ci uniamo all’Associazione Ora et Labora in Difesa della Vita per partecipare a un presidio di protesta contro questa legalizzazione del suicidio assistito operata di fatto dai magistrati.
Stazioneremo o davanti all’ingresso in Corso Porta Vittoria, 22 (largo Marco Biagi) oppure davanti ad uno degli ingressi laterali (via Freguglia o via Podgora), a seconda delle disposizioni della Questura.
Redazione
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